Approfondimenti: 2 articoli
I°) Articolo per approfondire alcuni aspetti dell'insegnamento effettuato da Gastaldo/Ottobre nel training Basale (I stadio) e nell'avanzato (II, III e IV stadio)
II°) Articolo Su Dante e Training autogeno
I°)
La strutturazione della psicoterapia autogena in quattro stadi è uno dei possibili modi per formare un iter completo e complesso, autonomo da altri sistemi psicoterapici, con il Training Autogeno Basale e il Training Autogeno Avanzato così come proposto da Schultz e dai suoi allievi.
Gastaldo/Ottobre nel dividere l’Iter in quattro stadi ben definiti hanno tenuto presente anche l’obiettivo di scaglionare una batteria di Test di controllo alla fine di ogni stadio in modo di poter valutare i risultati clinico statistici di ogni tappa della terapia.
1st Congress for Psychotherapy WPC 30 June / 4 July 1996 - VIENNA
Giovanni Gastaldo Miranda Ottobre
Associazione A.I.R.D.A.[1]
Abstract
Gli autori considerano il loro ITER di Psicoterapia Autogena uno dei tanti potenzialmente costruibili con quel complesso, flessibile, completo sistema di psicoterapia e psicopromozionalità che è il Training Autogeno; il fissare l'iter in stadi definiti è anche una esigenza di validazione statistica. Verificano, stadio per stadio, l'efficacia del loro lavoro. Questa costruzione psicoterapeutica ha le proprie fondamenta nel Training Autogeno Inferiore o basale (Primo Stadio). L'insegnamento presenta aspetti non usuali e punta al potenziamento delle capacità e possibilità delle persone nell'allenamento ad un incontro intimo con se stessi e alla scoperta ed accettazione di ciò che nasce spontaneamente in sè. (Autogonon).
Il Secondo Stadio consta di sedute individuali il cui nucleo è denominato Terapia Immaginativa Analitica Autogena. Il Terzo Stadio consta del Training Autogeno Avanzato(Superiore) Analitico (T.A.A.A.) di Schultz /Wallnöfer. Il Quarto Stadio viene denominato Terapia Autogena con Collaborazione di tipo Analitico del Terapeuta. Gli autori hanno elaborato un loro modello metapsicologico per poter chiarire alcuni meccanismi di guarigione del T.A.; in particolare individuano, come fondamentale meccanismo, la scomposizione di pacchetti sincretici di vissuti emozionali. Questo sarebbe il primo passo per un riordino successivo di pacchetti esperenziali, riferendosi ai quali, la persona può orientarsi emotivamente più correttamente nella vita.
Parole chiave training autogeno
iter autogeno
allenamento
analisi
catarsi
riordino
PREMESSA
I.H. Schultz (1951[2] - 1968[3]) e allievi W.Luthe (1965[4]), Wallnöfer H.(1992[5]) G. Kraft.1977[6]) K Thomas (1986[7]) hanno elaborato un complesso , completo, duttile, coerente sistema psicoterapeutico e psicopromozionale. Tale sistema parte dall'idea dell'unità e del continuum fra psiche e soma, e, attraverso l'ALLENAMENTO all'accettazione profonda e al lasciar emergere ciò che nasce spontaneo -AUTOGONON-, arriva alla gestione, a fini terapeutici e psicopromozionali di tali preziosi momenti; usufruisce di meccanismi sia di tipo analitico che catartico.
a) Unità e continuum psiche/soma. L'idea originale di Schultz è di gettare un ponte, e trovare i collegamenti e i corrispettivi, fra psiche e soma; è uno dei pilastri della sua costruzione
L'insieme di stimolazioni, esperienze, immagazzinate nei momenti cruciali della maturazione del nostro sistema nervoso, influiscono sulla formazione e sulla modulazione delle sinapsi, sul completamento dell'albero dendritico e sulla mielinizzazione degli assoni.
La struttura che così si plasma sottende i meccanismi mentali di elaborazione delle esperienze. Dice E.R.Kandel (1998[8]): "....Il secondo stadio, quello della efficacia funzionale e della fine modulazione delle sinapsi appena sviluppate, ha luogo durante periodi critici precoci dello sviluppo e richiede un tipo appropriato di stimolazione ambientale. Il terzo stadio, rappresentato dalla regolazione dell'efficacia sinaptica a breve e a lungo termine, avviene negli stadi successivi della vita ed è determinato dall'esperienza giornaliera..... I fattori ambientali e l'apprendimento permettono l'espressione di queste capacità latenti modificando l'efficacia di vie preesistenti e determinando quindi la comparsa di nuovi tipi di comportamento."
b) Allenamento. I. H.Schultz introduce, fra i primi,nella storia della psicoterapia, l'allenamento come uno degli assi portanti della stessa.
Quando migliaia di esperienze, di un certo segno, hanno tracciato nel cervello "segni" biologici non possiamo pretendere che tali "segni" si modifichino miracolosamente con una sola, o poche, esperienze di segno contrario. Possiamo ragionevolmente presupporre che occorreranno stimolazioni ad hoc ripetute moltissime volte ed è ciò che è emerso con la prassi: Prior M.(1990)[9], Gastaldo,Ottobre & Prior (1995)[10].
c) Autogonon. L'idea rivoluzionaria di Freud (1980[11]) è stata quella di far emergere contenuti inconsci in piena coscienza attraverso le associazioni libere; in tali associazioni lo stato di coscienza è di "veglia passiva" e l'atteggiamento di fondo è "lascio che accada": non si seguono le direttive della razionalità, ma si lascia che accada una associazione data da collegamenti inconsci.
Schultz inventa una modalità e un allenamento per potenziare questa naturale possibilità e capacità dell'uomo.
Lo stato di coscienza che si verifica in momenti molto brevi nelle associazioni libere, può, mediante un apposito allenamento, mantenersi a lungo permettendo così , a lunghissime sequenze di "immagini" e di associazioni inconsce o sub-consce, di emergere in perfetto stato di coscienza; è ciò che si ottiene con l'allenamento con il Training Autogeno; Gastaldo G. Ottobre M.(1988[12]1994[13]) "Le immagini di cui parliamo non sono le "immagini visive", ma ogni forma di pseudo-allucinazione: visiva, auditiva, olfattiva, gustativa, cenestesica, ogni parola reale o metaforica, ogni sensazione, ogni gesto o movimento non casuali, ma tendenti ad essere "immagine" di un quid che ci appartiene ma non conosciamo".
L' iter di Psicoterapia Autogena in quattro stadi, da noi elaborato e sperimentato su circa tremila soggetti, si può considerare uno dei possibili percorsi psicoterapeutici potenzialmente costruibili rimanendo coerenti alle premesse, allo stile e alle tecniche elaborate da Schultz e allievi. La srutturazione in stadi così definiti è stata solo una esigenza di validazione statistica. Ogni paziente conclude il proprio Iter allo stadio in cui ritiene di aver raggiunto i risultati sperati e, in caso contrario, può decidere di accedere allo stadio successivo.
Con questa strutturazione l'Iter può definirsi una "Psicoterapia quanto basta". Chi segue solo l'insegnamento del I Stadio (9 incontri) ha fatto una terapia breve e ciò accade per i due terzi dei casi; chi fa anche il secondo e terzo stadio fa una terapia di media durata (50/70 sedute comprendenti quelle singole e quelle di gruppo). Circa il cinque per cento dei pazienti fanno una psicoterapia lunga che si prolunga per molti anni. I soggetti che abbandonano i vari stadi sono: 3,75% per il primo stadio e 3% per il secondo e per il terzo.
I STADIO
Il I STADIO consta del Training Autogeno Inferiore o meglio Somatico o basale (T.A.I.). E', insegnato a gruppi di otto/dodici persone in nove incontri , della durata di tre ore ciascuna. La frequenza è settimanale . L'insegnamento è inusuale rispetto a quello tradizionale mentre il contenuto si mantiene coerente ai canoni del metodo insegnato da Schultz.
Prima di iniziare l'insegnamento dei sei esercizi standard del Training Autogeno Inferiore: pesantezza, calore, cuore, respiro, plesso solare e fronte, si premettono tre incontri per introdurre l'allievo all'ascolto delle sensazioni corporee, in particolare, e all'ascolto di sé, in generale.
Nel primo incontro, uno degli stimoli di riflessione è dato dal seguente cartellone (figura n1).
Figura n 1: AUTOGENO significa "si genera da sé"
Gastaldo/Ottobre nel dividere l’Iter in quattro stadi ben definiti hanno tenuto presente anche l’obiettivo di scaglionare una batteria di Test di controllo alla fine di ogni stadio in modo di poter valutare i risultati clinico statistici di ogni tappa della terapia.
1st Congress for Psychotherapy WPC 30 June / 4 July 1996 - VIENNA
Giovanni Gastaldo Miranda Ottobre
Associazione A.I.R.D.A.[1]
Abstract
Gli autori considerano il loro ITER di Psicoterapia Autogena uno dei tanti potenzialmente costruibili con quel complesso, flessibile, completo sistema di psicoterapia e psicopromozionalità che è il Training Autogeno; il fissare l'iter in stadi definiti è anche una esigenza di validazione statistica. Verificano, stadio per stadio, l'efficacia del loro lavoro. Questa costruzione psicoterapeutica ha le proprie fondamenta nel Training Autogeno Inferiore o basale (Primo Stadio). L'insegnamento presenta aspetti non usuali e punta al potenziamento delle capacità e possibilità delle persone nell'allenamento ad un incontro intimo con se stessi e alla scoperta ed accettazione di ciò che nasce spontaneamente in sè. (Autogonon).
Il Secondo Stadio consta di sedute individuali il cui nucleo è denominato Terapia Immaginativa Analitica Autogena. Il Terzo Stadio consta del Training Autogeno Avanzato(Superiore) Analitico (T.A.A.A.) di Schultz /Wallnöfer. Il Quarto Stadio viene denominato Terapia Autogena con Collaborazione di tipo Analitico del Terapeuta. Gli autori hanno elaborato un loro modello metapsicologico per poter chiarire alcuni meccanismi di guarigione del T.A.; in particolare individuano, come fondamentale meccanismo, la scomposizione di pacchetti sincretici di vissuti emozionali. Questo sarebbe il primo passo per un riordino successivo di pacchetti esperenziali, riferendosi ai quali, la persona può orientarsi emotivamente più correttamente nella vita.
Parole chiave training autogeno
iter autogeno
allenamento
analisi
catarsi
riordino
PREMESSA
I.H. Schultz (1951[2] - 1968[3]) e allievi W.Luthe (1965[4]), Wallnöfer H.(1992[5]) G. Kraft.1977[6]) K Thomas (1986[7]) hanno elaborato un complesso , completo, duttile, coerente sistema psicoterapeutico e psicopromozionale. Tale sistema parte dall'idea dell'unità e del continuum fra psiche e soma, e, attraverso l'ALLENAMENTO all'accettazione profonda e al lasciar emergere ciò che nasce spontaneo -AUTOGONON-, arriva alla gestione, a fini terapeutici e psicopromozionali di tali preziosi momenti; usufruisce di meccanismi sia di tipo analitico che catartico.
a) Unità e continuum psiche/soma. L'idea originale di Schultz è di gettare un ponte, e trovare i collegamenti e i corrispettivi, fra psiche e soma; è uno dei pilastri della sua costruzione
L'insieme di stimolazioni, esperienze, immagazzinate nei momenti cruciali della maturazione del nostro sistema nervoso, influiscono sulla formazione e sulla modulazione delle sinapsi, sul completamento dell'albero dendritico e sulla mielinizzazione degli assoni.
La struttura che così si plasma sottende i meccanismi mentali di elaborazione delle esperienze. Dice E.R.Kandel (1998[8]): "....Il secondo stadio, quello della efficacia funzionale e della fine modulazione delle sinapsi appena sviluppate, ha luogo durante periodi critici precoci dello sviluppo e richiede un tipo appropriato di stimolazione ambientale. Il terzo stadio, rappresentato dalla regolazione dell'efficacia sinaptica a breve e a lungo termine, avviene negli stadi successivi della vita ed è determinato dall'esperienza giornaliera..... I fattori ambientali e l'apprendimento permettono l'espressione di queste capacità latenti modificando l'efficacia di vie preesistenti e determinando quindi la comparsa di nuovi tipi di comportamento."
b) Allenamento. I. H.Schultz introduce, fra i primi,nella storia della psicoterapia, l'allenamento come uno degli assi portanti della stessa.
Quando migliaia di esperienze, di un certo segno, hanno tracciato nel cervello "segni" biologici non possiamo pretendere che tali "segni" si modifichino miracolosamente con una sola, o poche, esperienze di segno contrario. Possiamo ragionevolmente presupporre che occorreranno stimolazioni ad hoc ripetute moltissime volte ed è ciò che è emerso con la prassi: Prior M.(1990)[9], Gastaldo,Ottobre & Prior (1995)[10].
c) Autogonon. L'idea rivoluzionaria di Freud (1980[11]) è stata quella di far emergere contenuti inconsci in piena coscienza attraverso le associazioni libere; in tali associazioni lo stato di coscienza è di "veglia passiva" e l'atteggiamento di fondo è "lascio che accada": non si seguono le direttive della razionalità, ma si lascia che accada una associazione data da collegamenti inconsci.
Schultz inventa una modalità e un allenamento per potenziare questa naturale possibilità e capacità dell'uomo.
Lo stato di coscienza che si verifica in momenti molto brevi nelle associazioni libere, può, mediante un apposito allenamento, mantenersi a lungo permettendo così , a lunghissime sequenze di "immagini" e di associazioni inconsce o sub-consce, di emergere in perfetto stato di coscienza; è ciò che si ottiene con l'allenamento con il Training Autogeno; Gastaldo G. Ottobre M.(1988[12]1994[13]) "Le immagini di cui parliamo non sono le "immagini visive", ma ogni forma di pseudo-allucinazione: visiva, auditiva, olfattiva, gustativa, cenestesica, ogni parola reale o metaforica, ogni sensazione, ogni gesto o movimento non casuali, ma tendenti ad essere "immagine" di un quid che ci appartiene ma non conosciamo".
L' iter di Psicoterapia Autogena in quattro stadi, da noi elaborato e sperimentato su circa tremila soggetti, si può considerare uno dei possibili percorsi psicoterapeutici potenzialmente costruibili rimanendo coerenti alle premesse, allo stile e alle tecniche elaborate da Schultz e allievi. La srutturazione in stadi così definiti è stata solo una esigenza di validazione statistica. Ogni paziente conclude il proprio Iter allo stadio in cui ritiene di aver raggiunto i risultati sperati e, in caso contrario, può decidere di accedere allo stadio successivo.
Con questa strutturazione l'Iter può definirsi una "Psicoterapia quanto basta". Chi segue solo l'insegnamento del I Stadio (9 incontri) ha fatto una terapia breve e ciò accade per i due terzi dei casi; chi fa anche il secondo e terzo stadio fa una terapia di media durata (50/70 sedute comprendenti quelle singole e quelle di gruppo). Circa il cinque per cento dei pazienti fanno una psicoterapia lunga che si prolunga per molti anni. I soggetti che abbandonano i vari stadi sono: 3,75% per il primo stadio e 3% per il secondo e per il terzo.
I STADIO
Il I STADIO consta del Training Autogeno Inferiore o meglio Somatico o basale (T.A.I.). E', insegnato a gruppi di otto/dodici persone in nove incontri , della durata di tre ore ciascuna. La frequenza è settimanale . L'insegnamento è inusuale rispetto a quello tradizionale mentre il contenuto si mantiene coerente ai canoni del metodo insegnato da Schultz.
Prima di iniziare l'insegnamento dei sei esercizi standard del Training Autogeno Inferiore: pesantezza, calore, cuore, respiro, plesso solare e fronte, si premettono tre incontri per introdurre l'allievo all'ascolto delle sensazioni corporee, in particolare, e all'ascolto di sé, in generale.
Nel primo incontro, uno degli stimoli di riflessione è dato dal seguente cartellone (figura n1).
Figura n 1: AUTOGENO significa "si genera da sé"
(Scritte nella figura: -Training significa allenamento.
-Autogeno: cosa significa autogeno? Perchè inventare una parola difficile?
-Ciò che nasce nel soggetto è indotto dall'esterno da un comando o da un influenzamento: questo non è autogeno
-Il soggetto ricerca attentamente ciò che nasce spontaneamente nel suo essere psicofisico: questo è autogeno
AUTOGENO = SI GENERA DA SE')
Commentiamo il cartellone dicendo: "ottime tecniche psicoterapiche e psicopromozionali si possono rifare all'auto o etero suggestione. La suggestione in sé non è né negativa né positiva; è un substrato nel quale, in ogni momento della giornata, siamo immmersi. Nel T.A. ci si esercita a non essere nell'auto o etero-suggestione; ciò non per evitare una cosa negativa, ma per fare una esperienza alternativa, per cogliere ciò che nasce in di sé per autogenerazione interna.
Nel T. A. accade, in uno stato di coscienza diverso, ciò che si ha nel sogno R.E.M.. In questo stadio del sonno il cervello provvede ad escludere la percezione del mondo esterno e si autoinibisce la capacità di agire in esso; questo per mettere in scena un suo proprio mondo creato in un'incessante elaborazione ed integrazione di pacchetti di esperienze avute in ogni età. Potremmo forse parlare di un autoreset interno.
Nel T. A. abbiamo una situazione analoga. Il portare in primo piano l'incontro con se stessi ci induce ad uno spontaneo accantonare ogni apporto del mondo esterno. Il fenomeno della deconnessione muscolare, con i rarissimi treni di impulsi che dal cervello arrivano alle placche neuromuscolari, riproduce, in tono minore, il fenomeno di deconnessione cervello/ muscoli durante il sonno R.E.M.. In questa situazione il cervello è pronto per partire in una sua autoctona produzione. Questa possibilità costituisce il fulcro dell'attività psicoterapeutica degli stadi successivi.
Nel primo incontro i pazienti espongono le loro aspettative rispetto al corso di T.A.: guarire o migliorare rispetto alla loro ansia, depressione, fobie, compulsività, insonnia, disturbi psicosomatici ecc. Dalla conversazione emerge l'inizio della consapevolezza di come siano interconnessi gli aspetti psichici con quelli somatici; si informa che possiamo "entrare" in quella realtà, che noi siamo, da entrambe le due facciate: psichica e fisica. La scelta di Schultz è stata quella di scegliere come porta d'entrata quest'ultima, che va pertanto sperimentata e conosciuta.
Le esperienze nella vita intrauterina e dei primi anni di vita, attraverso le sensazioni, hanno modulato i circuiti neuronali di relazione con il mondo; attraverso la stessa strada li ritroveremo per rimodularli. Proponiamo quindi la seguente consegna:
Per alcune volte al giorno:
ASCOLTO DELLE SENSAZIONI F I S I C H E
· quando cammino verso una precisa meta
· quando cammino senza una precisa meta (es. passeggiare)
· quando eseguo una azione abituale del mio lavoro
Alla fine del secondo incontro variamo le consegne nel modo seguente:
Per alcune volte al giorno:
ASCOLTO DELLE SENSAZIONI F I S I C H E
quando, in una sosta dalla attività, posso dedicarmi
all'ascolto di me stesso
Il secondo e il terzo incontro sono dedicati all'analisi di ciò che è emerso dall'ascolto.
Emergono vissuti molto interessanti, come l'incapacità, e talvolta il rifiuto intimo, diascoltare in senso generale e, più in particolare, di ascoltare le sensazioni del proprio corpo e se stessi.
Emerge ancora la propensione a considerare il proprio corpo come "corpo robot" e come strumento di produzione, anzichè come "corpo proprio"; emergono ancora atteggiamenti profondi quali: l'efficientismo, l'autoritarismo verso se stessi e verso gli altri, la mentalità dogmatica, la competitività portata al parossismo. Si scopre la stretta dipendenza dell'ansia da tali atteggiamenti.
Raramente nel secondo incontro , ma sicuramente nel terzo, vengono riportate sensazioni quali: pesantezza e calore piacevoli, respiro e cuore calmi e regolari, pancia calda; tipiche sensazioni autogene. Facciamo notare che tali sensazioni si generano spontaneamente e che non possono essere dovute ad una suggestione in quanto non conoscono le frasi tipiche del T.A. come: "braccio pesante o caldo". Altri riportano sensazioni come ad es.: leggerezza, piacevole gonfiore; anch'esse con le caratteristiche delle sensazioni autogene cioè: globali, interne, piacevoli o neutre,. Quasi sempre qualcuno si accorge che le sensazioni autogene, spontaneamente comparse mentre stavano ad ascoltarsi, non riappaiono più, negli esercizi successivi; scoprono che questo era accaduto quando si aspettavano la riapparizione della sensazione.
si delinea così una contrapposizione fra due precisi atteggiamenti mentali:
L A S C I O C H E A C C A D A e ascolto ciò che accade
desidero, voglio,cerco di, mi sforzo che accada una sensazione
Questa contrapposizione si fa più netta quando qualcuno esordisce: Ho cercato di rilassarmi ma, pur essendomi sforzato, non ci sono riuscito.
Alla fine del terzo incontro diamo le consegne tipiche del T.A.: "braccio pesante"
La reazione di qualcuno del gruppo è: "Ho già sentita la pesantezza! perchè ora dovrei comandarmela?"; la nostra risposta è una domanda retorica: "Abbiamo forse parlato di comando? Il fulcro rimane sempre l'ASCOLTO; ascoltate ciò che nasce spontaneamente nel vostro braccio e in tutto il vostro essere psicofisico precisamente come avete fatto queste due settimane. Imparerete con l'allenamento a non dare alcuna importanza alla frase che mentalmente ripetete; a non considerarla un' autosuggestione o un comando, ma uno stimolo"
Mostriamo due cartelloni illustrativi di situazioni di comando e di stimolo:
Nel primo un giovane chiama i propri cani con l'apposito fischio; tale fischio è quindi un segnale di comando. Nella sua mente c'è una tensione a far accadere e l' aspettativa che accada ciò che vuole; ci sarà pure presente l'atteggiamento del "giudizio di valore" pronto a scattare appena i fatti si siano realizzati; sarà un giudizio positivo se i cani obbediscono oppure negativo quando succede il contrario.
-Autogeno: cosa significa autogeno? Perchè inventare una parola difficile?
-Ciò che nasce nel soggetto è indotto dall'esterno da un comando o da un influenzamento: questo non è autogeno
-Il soggetto ricerca attentamente ciò che nasce spontaneamente nel suo essere psicofisico: questo è autogeno
AUTOGENO = SI GENERA DA SE')
Commentiamo il cartellone dicendo: "ottime tecniche psicoterapiche e psicopromozionali si possono rifare all'auto o etero suggestione. La suggestione in sé non è né negativa né positiva; è un substrato nel quale, in ogni momento della giornata, siamo immmersi. Nel T.A. ci si esercita a non essere nell'auto o etero-suggestione; ciò non per evitare una cosa negativa, ma per fare una esperienza alternativa, per cogliere ciò che nasce in di sé per autogenerazione interna.
Nel T. A. accade, in uno stato di coscienza diverso, ciò che si ha nel sogno R.E.M.. In questo stadio del sonno il cervello provvede ad escludere la percezione del mondo esterno e si autoinibisce la capacità di agire in esso; questo per mettere in scena un suo proprio mondo creato in un'incessante elaborazione ed integrazione di pacchetti di esperienze avute in ogni età. Potremmo forse parlare di un autoreset interno.
Nel T. A. abbiamo una situazione analoga. Il portare in primo piano l'incontro con se stessi ci induce ad uno spontaneo accantonare ogni apporto del mondo esterno. Il fenomeno della deconnessione muscolare, con i rarissimi treni di impulsi che dal cervello arrivano alle placche neuromuscolari, riproduce, in tono minore, il fenomeno di deconnessione cervello/ muscoli durante il sonno R.E.M.. In questa situazione il cervello è pronto per partire in una sua autoctona produzione. Questa possibilità costituisce il fulcro dell'attività psicoterapeutica degli stadi successivi.
Nel primo incontro i pazienti espongono le loro aspettative rispetto al corso di T.A.: guarire o migliorare rispetto alla loro ansia, depressione, fobie, compulsività, insonnia, disturbi psicosomatici ecc. Dalla conversazione emerge l'inizio della consapevolezza di come siano interconnessi gli aspetti psichici con quelli somatici; si informa che possiamo "entrare" in quella realtà, che noi siamo, da entrambe le due facciate: psichica e fisica. La scelta di Schultz è stata quella di scegliere come porta d'entrata quest'ultima, che va pertanto sperimentata e conosciuta.
Le esperienze nella vita intrauterina e dei primi anni di vita, attraverso le sensazioni, hanno modulato i circuiti neuronali di relazione con il mondo; attraverso la stessa strada li ritroveremo per rimodularli. Proponiamo quindi la seguente consegna:
Per alcune volte al giorno:
ASCOLTO DELLE SENSAZIONI F I S I C H E
· quando cammino verso una precisa meta
· quando cammino senza una precisa meta (es. passeggiare)
· quando eseguo una azione abituale del mio lavoro
Alla fine del secondo incontro variamo le consegne nel modo seguente:
Per alcune volte al giorno:
ASCOLTO DELLE SENSAZIONI F I S I C H E
quando, in una sosta dalla attività, posso dedicarmi
all'ascolto di me stesso
Il secondo e il terzo incontro sono dedicati all'analisi di ciò che è emerso dall'ascolto.
Emergono vissuti molto interessanti, come l'incapacità, e talvolta il rifiuto intimo, diascoltare in senso generale e, più in particolare, di ascoltare le sensazioni del proprio corpo e se stessi.
Emerge ancora la propensione a considerare il proprio corpo come "corpo robot" e come strumento di produzione, anzichè come "corpo proprio"; emergono ancora atteggiamenti profondi quali: l'efficientismo, l'autoritarismo verso se stessi e verso gli altri, la mentalità dogmatica, la competitività portata al parossismo. Si scopre la stretta dipendenza dell'ansia da tali atteggiamenti.
Raramente nel secondo incontro , ma sicuramente nel terzo, vengono riportate sensazioni quali: pesantezza e calore piacevoli, respiro e cuore calmi e regolari, pancia calda; tipiche sensazioni autogene. Facciamo notare che tali sensazioni si generano spontaneamente e che non possono essere dovute ad una suggestione in quanto non conoscono le frasi tipiche del T.A. come: "braccio pesante o caldo". Altri riportano sensazioni come ad es.: leggerezza, piacevole gonfiore; anch'esse con le caratteristiche delle sensazioni autogene cioè: globali, interne, piacevoli o neutre,. Quasi sempre qualcuno si accorge che le sensazioni autogene, spontaneamente comparse mentre stavano ad ascoltarsi, non riappaiono più, negli esercizi successivi; scoprono che questo era accaduto quando si aspettavano la riapparizione della sensazione.
si delinea così una contrapposizione fra due precisi atteggiamenti mentali:
L A S C I O C H E A C C A D A e ascolto ciò che accade
desidero, voglio,cerco di, mi sforzo che accada una sensazione
Questa contrapposizione si fa più netta quando qualcuno esordisce: Ho cercato di rilassarmi ma, pur essendomi sforzato, non ci sono riuscito.
Alla fine del terzo incontro diamo le consegne tipiche del T.A.: "braccio pesante"
La reazione di qualcuno del gruppo è: "Ho già sentita la pesantezza! perchè ora dovrei comandarmela?"; la nostra risposta è una domanda retorica: "Abbiamo forse parlato di comando? Il fulcro rimane sempre l'ASCOLTO; ascoltate ciò che nasce spontaneamente nel vostro braccio e in tutto il vostro essere psicofisico precisamente come avete fatto queste due settimane. Imparerete con l'allenamento a non dare alcuna importanza alla frase che mentalmente ripetete; a non considerarla un' autosuggestione o un comando, ma uno stimolo"
Mostriamo due cartelloni illustrativi di situazioni di comando e di stimolo:
Nel primo un giovane chiama i propri cani con l'apposito fischio; tale fischio è quindi un segnale di comando. Nella sua mente c'è una tensione a far accadere e l' aspettativa che accada ciò che vuole; ci sarà pure presente l'atteggiamento del "giudizio di valore" pronto a scattare appena i fatti si siano realizzati; sarà un giudizio positivo se i cani obbediscono oppure negativo quando succede il contrario.
figura n° 2 I° situazione: segnale = comando
(Scritte nella figura: -1° situazione; segnale = comando: voglio che accada...mi aspetto che...giudico....
-Faccio in modo che...mi sforzo a...sono teso a far accadere...TENSIONE. ...
-A quali stati d'animo può portare questa situazione?)
Possiamo così elencare tre aspetti che compaiono quando il segnale è un comando: tensione, aspettativa, giudizio di valore; tale triade costituisce un coerente e preciso modo di essere psichico al quale certamente corrisponde un altrettanto modo di essere del sistema neurovegetativo ( prevalenza del sistema simpatico), e del corpo. A questi a sua volta, per ognuno di noi, corrispondono precise sensazioni.
(Scritte nella figura: -1° situazione; segnale = comando: voglio che accada...mi aspetto che...giudico....
-Faccio in modo che...mi sforzo a...sono teso a far accadere...TENSIONE. ...
-A quali stati d'animo può portare questa situazione?)
Possiamo così elencare tre aspetti che compaiono quando il segnale è un comando: tensione, aspettativa, giudizio di valore; tale triade costituisce un coerente e preciso modo di essere psichico al quale certamente corrisponde un altrettanto modo di essere del sistema neurovegetativo ( prevalenza del sistema simpatico), e del corpo. A questi a sua volta, per ognuno di noi, corrispondono precise sensazioni.
figura n° 3 II° situazione: segnale = stimolo
(Scritte nella figura: - situazione sperimentale; lascio che accada:osservo, registro, accetto, conosco)
Quest'altro cartellone illustra una situazione del tutto diversa e complementare; purtroppo non conosciamo questa situazione bene come la precededente, perché è raro che si verifichi nella nostra vita quotidiana. E' un segno della nostra cultura.
Anche qui c'è un segnale che è un fischio; questa volta tuttavia questo segnale non è un comando ma uno stimolo. (Il comando è un segnale che "spinge" a fare qualche cosa di preciso; lo stimolo invece lascia libero chi è stimolato a dare .la risposta che desidera).
Il giovanotto vuole fare un esperimento per conoscere le modalità di reazione del proprio cane; ha una cinepresa puntata a registrarne la reazione quando emetterà un fischio. Il fischio non è quello del richiamo, ma un fischio inventato al momento, che ha una modulazione particolare, casuale.
Possiamo ragionevolmente pensare che la situazione psicologica iniziale sarà caratterizzata dalle seguenti tre caratteristiche: curiosità, interesse, amore per la conoscenza;
Dopo la risposta al segnale lo stato d'animo del giovane sarà di curiosità e interesse; qualsiasi sarà la risposta, il giovanotto penserà:"Guarda che interessante! ciò mi permette di formulare delle ipotesi di lavoro per successivi esperimenti al fine di raggiungere una maggior conoscenza.
Questa è la situazione nel Training A.: diamo uno stimolo al nostro essere psicofisico e , come una cinepresa puntata su di noi, registriamo ciò che accade. La cinepresa non ha volontà, non ha aspettative, non da giudizi ma semplicemente registra. Un po' alla volta ci alleniamo al:
"lascio che accada in me in questo momento ; accetto qualsiasi cosa accada"
I pazienti si allenano così a non dare comandi al proprio essere psicofisico, a non avere aspettative, a non dare giudizi di valore alle risposte, ad accogliere con curiosità ogni risposta, compresa la non risposta, ad accettare qualsiasi cosa accada quando lascio che accada.
Acquisiscono ,man mano, la capacità di rimanere in un stato in cui conscio e inconscio, ciò che è attribuito all'emisfero destro e ciò che è attribuito al sinistro, coesistano in un continuo passaggio fluido e dinamico dall'uno all'altro
II, III IV STADIO G.Gastaldo, M. Ottobre (1987 [1]1994[2])
Nel II stadio le sedute sono individuali, la frequenza settimanale; s'inizia dopo otto mesi, uno o due anni di allenamento con il T.A.I.. Nelle sedute il paziente, dopo aver fatto il T.A.I., assiste e racconta ciò che "allucina", immagina o percepisce come sensazioni fisiche o psichiche. Ciò che emerge spontaneamente, durante lo stato autogeno, a volte anche in sequenze di un'ora e più, è molto complesso: sensazioni, immagini, convinzioni, modalità di azione e reazione, emozioni, movimenti, ricordi reali o simbolizzati ecc.. Il tutto si integra in sequenze attraverso le quali il soggetto dà a se stesso uno o più messaggi.
Alle volte sembrano emergere, pari pari, pagine in cui S. Freud racconta dinamiche, problemi, fantasmi inconsci; altre volte sembrano pagine di C.G. Jung, o di E. Erikson, di M. Klein, O. Rank, W. Reich, E. Berne ecc. La registrazione della seduta sarà trascritta dal paziente a domicilio. Egli è invitato anche a riflettere sul messaggio che ha voluto darsi attraverso quel vissuto immaginativo. Tale messaggio sarà discusso con il terapeuta all'incontro successivo, prima della successiva seduta immaginativa.
Nel III stadio gli incontri sono di gruppo, della durata di tre ore, a frequenza quindicinale; i partecipanti sono 5 / 6. In ogni incontro si analizza ciò che è emerso nelle sedute fatte a domicilio le quali sono simili a quelle del secondo stadio; la differenza fondamentale consiste nel fatto che non è presente il terapeuta e che fra il T.A.I e la parte di seduta immaginativa, il paziente mentalmente elabora lo "stimolo" che ha avuto come consegna in quella quindicina. Gli stimoli sono quelli proposti nel T.A.S di Schultz / Wallnöfer (1978[3]) con aggiunta di alcuni altri da noi introdotti ( questi ultimi quì in corsivo). Si premette sempre "davanti al mio occhio interiore lascio apparire....": - un colore - quel colore - un blu profondo e su questo (con formula propria) un limone - un cubo - un cerchio - un triangolo - il mare, mi distendo sulla sua superficie mi lascio scendere lentamente sul fondo - una montagna e vi salgo - il mare e la montagna - vedo(nomina un concetto astratto che viene in mente in quel momento) - una persona - quella persona - un vaso - una spada - un vaso e una spada nel bosco - me stesso - Chiedo al mio inconscio la risposta a questa domanda...
A questo punto dell'iter il paziente ha imparato a lavorare su di sé con il T.A.I. e a fare sedute a casa tipo II stadio, cioè atematiche, e tipo III stadio cioè con uno stimolo; ha imparato inoltre ad ascoltare e far tesoro di tanti messaggi che gli vengono dalla parte più profonda di sé. Possiamo dire che ha raggiunto una certa autonomia per cui sarà lui stesso a indicare al terapeuta se vorrà essere ancora seguito o no, e se sì in quali termini; inizia così il IV stadio, che è pertanto differente per ogni persona..
Per comprendere e interpretare meglio ciò che avviene nelle sedute, sia del secondo che del terzo e quarto stadio, abbiamo elaborato un modello metapsicologico (Gastaldo, Ottobre 1988 [4], 1994 [5]).Una brevissima illustrazione di tale modello può essere questa.
A) "Pacchetti di esperienze", vissuti negli ultimi mesi di vita intrauterina e nei primi anni di vita, hanno plasmato, nell'apparato psichico, modalità di risposta agli avvenimenti della vita. Il cervello, per avere nel suo interno una "biblioteca" ordinata e celermente consultabile, per poter prendere tempestive, precise, coerenti decisioni nella vita, ha catalogato tutte le esperienze fatte e le ha unite in pacchetti omogenei dal punto di vista emozionale.
B) il cervello ha inoltre contrassegnato tali pacchetti con simboli dei quali ecco alcuni esempi. 1) Nell' apparato psichico di un paziente una piovra può contrassegnare il pacchetto di esperienze di madre iperprotettiva: come la piovra con i suoi tanti tentacoli, così la madre impedisce ogni manifestazione vitale producendo blocchi con innumerevoli divieti. 2) Una rocciosa montagna torreggiante può essere assunta come simbolo delle esperienze in cui il padre è poco affettuoso, duro e incombente ma anche stabile e forte. 3) Un'orsa calda e morbida, come un grande peluche, può contrassegnare il pacchetto di esperienze di quando la madre era affettuosa e tenera 4) Una voragine che si apre sotto i piedi può simboleggiare le sensazioni ed emozioni di quando la madre era assente e quindi mancava il terreno che regge in vita.
I simboli sono le parole con le quali costruiamo il nostro dialogo interno emotivo, dal quale dipende il nostro modo di porci nella vita.
C) Il nostro apparato psichico, nel costruire la propria "biblioteca", dove fare ricerche per interpretare il mondo e agire coerentemente in esso, può aver commessi errori. Questo può succedere perché le esperienze possono presentarsi in modo equivoco: l'esperienza di madre assente, perché in ospedale ammalata, può essere interpretata dall'apparato psichico del bambino a otto mesi di vita, come madre che abbandona, tradisce, rifiuta; da questo un'insicurezza di base e una paura perenne di essere abbandonati, rifiutati o traditi. Così l'assistere alla scena dei genitori che fanno all'amore può essere interpretato come una aggressione del padre verso la madre; da ciò una paura verso le figure maschili.
In questo modo si formano pacchetti esperenziali di riferimento, formati da esperienze non omogenee e marchiati da simboli non congrui. Da questo derivano paure, rabbie, invidie, insicurezze, incapacità a reagire in modo adeguato agli avvenimenti della vita.
Premesso questo, possiamo dire che il lavoro nel II e III e IV stadio del nostro iter, rappresenta l'intervenire in questa nostra biblioteca interna. Il bibliotecario, cioè lo stesso apparato psichico del paziente, procede a visionare volume per volume, scindendo gli insiemi di libri non omogenei (analisi = scissione), e colloca ogni libro nello scomparto adeguato (riordino). Questo "portar fuori" il libro dallo scaffale sbagliato lo chiamiamo (catarsi); questa emersione di vissuti per noi non è un semplice fatto di liberazione di un vissuto traumatico, ma è il frutto di un processo più complesso cioè di una scissione di un pacchetto di esperienze sincretico; questa scissione è il fatto fondamentale, mentre l'emergere del vissuto ne è una conseguenza
Durante lo stato autogeno c'è l'emersione di sequenze di simboli che interagiscono tra loro in un continuo e dinamico incontrarsi, scontrarsi, confrontarsi, anche con tutta l'esperienza e la consapevolezza attuale.
L'apparato psichico, in questi momenti, fa (zoom) sui simboli che contrassegnano i vari pacchetti di esperienze. Essendo presenti altri pacchetti di esperienze e tutta la consapevolezza attuale, quasi automaticamente esso si accorge che una parte del pacchetto non è congrua con l'insieme, e la scinde, (analisi). Ciò è simile a quando, con un cannocchiale, guardiamo una realtà lontana; subito ci accorgiamo che è composta da tante realtà anche distinte; ci accorgiamo che un antico castello, che sembrava da lontano solo un ammasso di rovine, ha invece delle parti ancora sane e abitate.
ZOOM, ANALISI, CATARSI, RIORDINO, sono alcune fra le più importanti parole chiave della Terapia Autogena, come da noi intesa e strutturata.
1. [1]A.I.R.D.A. Associazione Interdisciplinare Ricerca e Didattica sull'Autogenicità. (Interdisciplinary Autogenicity Research and Didactics Association)
2. ANDEL E. R.:" Principi di neuroscienze" ; Casa Editrice Ambrosiana, seconda edizione, Milano 1988 -pag 881.
3. FREUD S.: "Freud Opere" in 12 volumi; Vol. 7 pag 389, Boringhieri Ed. - Torino 1980.
4. GASTALDO G. OTTOBRE M. & PRIOR M.: "La psicoterapia autogena in quattro stadi: Analisi statistica su duemila casi" Imagination, Nr. 2/1995. pag. 92, Facultas - Universitäts verlag, Wien 1995.
5. GASTALDO G. OTTOBRE M. : "Il Training Autogeno in quattro stadi; l'appuntamento con se stessi"; pag. 85, Armando Editore, Roma 1994
6. GASTALDO G. OTTOBRE M.: "Nel labirinto con il filo di Arianna; lo strutturarsi delle vie dell'energia durante l'età evolutiva". Piovan Editore , Abano Terme Padova 1987. Vedi nota n° 13 pagg. 63 e seguenti.
7. GASTALDO G. OTTOBRE M.: T.I.A.A.: "Terapia Immaginativa Analitica Autogena" Rassegna di Psicoterapie, Ipnosi, Vol !%, n. 1. Edizioni Minerva Medica, Torino 1988. See note n° 13 at page 63 and following, pages 98/102.
8. GASTALDO G.: "Lo stato autogeno e il tiro con l'arco nello Zen". Rassegna di psicoterapie, ipnosi;Vol. 15, n. 3, Edizioni Minerva Medica, Torino 1988
9. KRAPF G.: "Autogenes Training aus der praxsis" J.F. Lehmanns Verlag. München 1977
10. LUTHE W.: "Autogenic Therapy". Grume & Stratton, New York, London 1965
11. PRIOR M.: "A.T. Somatico: incidenza della variabile «regolarità dell'allenamento» nella diminuzione dell'ansia e della depressione", rivista di psicoterapie, ipnosi, vol. 1, n.1, edizioni EUR 1990.
12. SCHULTZ I.. H.: "Bionome Psychotherapie", Thiene, Stuttgart, 1951.
13. SCHULTZ I.H.: "Il Training Autogeno". Feltrinelli Editore , Milano -I - II Vol 1968.
14. THOMAS K.: "Autoipnosi e Training Autogeno" ; Ed. Mediterranee, Roma 1986
15. WALLNÖFER H.: "Anima senza ansia". Edizioni Universitarie Romane, Roma 1992
16. WALLNÖFER H.: "Tecniche analitiche nel ciclo superiore del Training Autogeno". Psicoterapie, pag 148, numero unico 1978, Ed. C.I.S.S.P.A.T., Padova
(Scritte nella figura: - situazione sperimentale; lascio che accada:osservo, registro, accetto, conosco)
Quest'altro cartellone illustra una situazione del tutto diversa e complementare; purtroppo non conosciamo questa situazione bene come la precededente, perché è raro che si verifichi nella nostra vita quotidiana. E' un segno della nostra cultura.
Anche qui c'è un segnale che è un fischio; questa volta tuttavia questo segnale non è un comando ma uno stimolo. (Il comando è un segnale che "spinge" a fare qualche cosa di preciso; lo stimolo invece lascia libero chi è stimolato a dare .la risposta che desidera).
Il giovanotto vuole fare un esperimento per conoscere le modalità di reazione del proprio cane; ha una cinepresa puntata a registrarne la reazione quando emetterà un fischio. Il fischio non è quello del richiamo, ma un fischio inventato al momento, che ha una modulazione particolare, casuale.
Possiamo ragionevolmente pensare che la situazione psicologica iniziale sarà caratterizzata dalle seguenti tre caratteristiche: curiosità, interesse, amore per la conoscenza;
Dopo la risposta al segnale lo stato d'animo del giovane sarà di curiosità e interesse; qualsiasi sarà la risposta, il giovanotto penserà:"Guarda che interessante! ciò mi permette di formulare delle ipotesi di lavoro per successivi esperimenti al fine di raggiungere una maggior conoscenza.
Questa è la situazione nel Training A.: diamo uno stimolo al nostro essere psicofisico e , come una cinepresa puntata su di noi, registriamo ciò che accade. La cinepresa non ha volontà, non ha aspettative, non da giudizi ma semplicemente registra. Un po' alla volta ci alleniamo al:
"lascio che accada in me in questo momento ; accetto qualsiasi cosa accada"
I pazienti si allenano così a non dare comandi al proprio essere psicofisico, a non avere aspettative, a non dare giudizi di valore alle risposte, ad accogliere con curiosità ogni risposta, compresa la non risposta, ad accettare qualsiasi cosa accada quando lascio che accada.
Acquisiscono ,man mano, la capacità di rimanere in un stato in cui conscio e inconscio, ciò che è attribuito all'emisfero destro e ciò che è attribuito al sinistro, coesistano in un continuo passaggio fluido e dinamico dall'uno all'altro
II, III IV STADIO G.Gastaldo, M. Ottobre (1987 [1]1994[2])
Nel II stadio le sedute sono individuali, la frequenza settimanale; s'inizia dopo otto mesi, uno o due anni di allenamento con il T.A.I.. Nelle sedute il paziente, dopo aver fatto il T.A.I., assiste e racconta ciò che "allucina", immagina o percepisce come sensazioni fisiche o psichiche. Ciò che emerge spontaneamente, durante lo stato autogeno, a volte anche in sequenze di un'ora e più, è molto complesso: sensazioni, immagini, convinzioni, modalità di azione e reazione, emozioni, movimenti, ricordi reali o simbolizzati ecc.. Il tutto si integra in sequenze attraverso le quali il soggetto dà a se stesso uno o più messaggi.
Alle volte sembrano emergere, pari pari, pagine in cui S. Freud racconta dinamiche, problemi, fantasmi inconsci; altre volte sembrano pagine di C.G. Jung, o di E. Erikson, di M. Klein, O. Rank, W. Reich, E. Berne ecc. La registrazione della seduta sarà trascritta dal paziente a domicilio. Egli è invitato anche a riflettere sul messaggio che ha voluto darsi attraverso quel vissuto immaginativo. Tale messaggio sarà discusso con il terapeuta all'incontro successivo, prima della successiva seduta immaginativa.
Nel III stadio gli incontri sono di gruppo, della durata di tre ore, a frequenza quindicinale; i partecipanti sono 5 / 6. In ogni incontro si analizza ciò che è emerso nelle sedute fatte a domicilio le quali sono simili a quelle del secondo stadio; la differenza fondamentale consiste nel fatto che non è presente il terapeuta e che fra il T.A.I e la parte di seduta immaginativa, il paziente mentalmente elabora lo "stimolo" che ha avuto come consegna in quella quindicina. Gli stimoli sono quelli proposti nel T.A.S di Schultz / Wallnöfer (1978[3]) con aggiunta di alcuni altri da noi introdotti ( questi ultimi quì in corsivo). Si premette sempre "davanti al mio occhio interiore lascio apparire....": - un colore - quel colore - un blu profondo e su questo (con formula propria) un limone - un cubo - un cerchio - un triangolo - il mare, mi distendo sulla sua superficie mi lascio scendere lentamente sul fondo - una montagna e vi salgo - il mare e la montagna - vedo(nomina un concetto astratto che viene in mente in quel momento) - una persona - quella persona - un vaso - una spada - un vaso e una spada nel bosco - me stesso - Chiedo al mio inconscio la risposta a questa domanda...
A questo punto dell'iter il paziente ha imparato a lavorare su di sé con il T.A.I. e a fare sedute a casa tipo II stadio, cioè atematiche, e tipo III stadio cioè con uno stimolo; ha imparato inoltre ad ascoltare e far tesoro di tanti messaggi che gli vengono dalla parte più profonda di sé. Possiamo dire che ha raggiunto una certa autonomia per cui sarà lui stesso a indicare al terapeuta se vorrà essere ancora seguito o no, e se sì in quali termini; inizia così il IV stadio, che è pertanto differente per ogni persona..
Per comprendere e interpretare meglio ciò che avviene nelle sedute, sia del secondo che del terzo e quarto stadio, abbiamo elaborato un modello metapsicologico (Gastaldo, Ottobre 1988 [4], 1994 [5]).Una brevissima illustrazione di tale modello può essere questa.
A) "Pacchetti di esperienze", vissuti negli ultimi mesi di vita intrauterina e nei primi anni di vita, hanno plasmato, nell'apparato psichico, modalità di risposta agli avvenimenti della vita. Il cervello, per avere nel suo interno una "biblioteca" ordinata e celermente consultabile, per poter prendere tempestive, precise, coerenti decisioni nella vita, ha catalogato tutte le esperienze fatte e le ha unite in pacchetti omogenei dal punto di vista emozionale.
B) il cervello ha inoltre contrassegnato tali pacchetti con simboli dei quali ecco alcuni esempi. 1) Nell' apparato psichico di un paziente una piovra può contrassegnare il pacchetto di esperienze di madre iperprotettiva: come la piovra con i suoi tanti tentacoli, così la madre impedisce ogni manifestazione vitale producendo blocchi con innumerevoli divieti. 2) Una rocciosa montagna torreggiante può essere assunta come simbolo delle esperienze in cui il padre è poco affettuoso, duro e incombente ma anche stabile e forte. 3) Un'orsa calda e morbida, come un grande peluche, può contrassegnare il pacchetto di esperienze di quando la madre era affettuosa e tenera 4) Una voragine che si apre sotto i piedi può simboleggiare le sensazioni ed emozioni di quando la madre era assente e quindi mancava il terreno che regge in vita.
I simboli sono le parole con le quali costruiamo il nostro dialogo interno emotivo, dal quale dipende il nostro modo di porci nella vita.
C) Il nostro apparato psichico, nel costruire la propria "biblioteca", dove fare ricerche per interpretare il mondo e agire coerentemente in esso, può aver commessi errori. Questo può succedere perché le esperienze possono presentarsi in modo equivoco: l'esperienza di madre assente, perché in ospedale ammalata, può essere interpretata dall'apparato psichico del bambino a otto mesi di vita, come madre che abbandona, tradisce, rifiuta; da questo un'insicurezza di base e una paura perenne di essere abbandonati, rifiutati o traditi. Così l'assistere alla scena dei genitori che fanno all'amore può essere interpretato come una aggressione del padre verso la madre; da ciò una paura verso le figure maschili.
In questo modo si formano pacchetti esperenziali di riferimento, formati da esperienze non omogenee e marchiati da simboli non congrui. Da questo derivano paure, rabbie, invidie, insicurezze, incapacità a reagire in modo adeguato agli avvenimenti della vita.
Premesso questo, possiamo dire che il lavoro nel II e III e IV stadio del nostro iter, rappresenta l'intervenire in questa nostra biblioteca interna. Il bibliotecario, cioè lo stesso apparato psichico del paziente, procede a visionare volume per volume, scindendo gli insiemi di libri non omogenei (analisi = scissione), e colloca ogni libro nello scomparto adeguato (riordino). Questo "portar fuori" il libro dallo scaffale sbagliato lo chiamiamo (catarsi); questa emersione di vissuti per noi non è un semplice fatto di liberazione di un vissuto traumatico, ma è il frutto di un processo più complesso cioè di una scissione di un pacchetto di esperienze sincretico; questa scissione è il fatto fondamentale, mentre l'emergere del vissuto ne è una conseguenza
Durante lo stato autogeno c'è l'emersione di sequenze di simboli che interagiscono tra loro in un continuo e dinamico incontrarsi, scontrarsi, confrontarsi, anche con tutta l'esperienza e la consapevolezza attuale.
L'apparato psichico, in questi momenti, fa (zoom) sui simboli che contrassegnano i vari pacchetti di esperienze. Essendo presenti altri pacchetti di esperienze e tutta la consapevolezza attuale, quasi automaticamente esso si accorge che una parte del pacchetto non è congrua con l'insieme, e la scinde, (analisi). Ciò è simile a quando, con un cannocchiale, guardiamo una realtà lontana; subito ci accorgiamo che è composta da tante realtà anche distinte; ci accorgiamo che un antico castello, che sembrava da lontano solo un ammasso di rovine, ha invece delle parti ancora sane e abitate.
ZOOM, ANALISI, CATARSI, RIORDINO, sono alcune fra le più importanti parole chiave della Terapia Autogena, come da noi intesa e strutturata.
1. [1]A.I.R.D.A. Associazione Interdisciplinare Ricerca e Didattica sull'Autogenicità. (Interdisciplinary Autogenicity Research and Didactics Association)
2. ANDEL E. R.:" Principi di neuroscienze" ; Casa Editrice Ambrosiana, seconda edizione, Milano 1988 -pag 881.
3. FREUD S.: "Freud Opere" in 12 volumi; Vol. 7 pag 389, Boringhieri Ed. - Torino 1980.
4. GASTALDO G. OTTOBRE M. & PRIOR M.: "La psicoterapia autogena in quattro stadi: Analisi statistica su duemila casi" Imagination, Nr. 2/1995. pag. 92, Facultas - Universitäts verlag, Wien 1995.
5. GASTALDO G. OTTOBRE M. : "Il Training Autogeno in quattro stadi; l'appuntamento con se stessi"; pag. 85, Armando Editore, Roma 1994
6. GASTALDO G. OTTOBRE M.: "Nel labirinto con il filo di Arianna; lo strutturarsi delle vie dell'energia durante l'età evolutiva". Piovan Editore , Abano Terme Padova 1987. Vedi nota n° 13 pagg. 63 e seguenti.
7. GASTALDO G. OTTOBRE M.: T.I.A.A.: "Terapia Immaginativa Analitica Autogena" Rassegna di Psicoterapie, Ipnosi, Vol !%, n. 1. Edizioni Minerva Medica, Torino 1988. See note n° 13 at page 63 and following, pages 98/102.
8. GASTALDO G.: "Lo stato autogeno e il tiro con l'arco nello Zen". Rassegna di psicoterapie, ipnosi;Vol. 15, n. 3, Edizioni Minerva Medica, Torino 1988
9. KRAPF G.: "Autogenes Training aus der praxsis" J.F. Lehmanns Verlag. München 1977
10. LUTHE W.: "Autogenic Therapy". Grume & Stratton, New York, London 1965
11. PRIOR M.: "A.T. Somatico: incidenza della variabile «regolarità dell'allenamento» nella diminuzione dell'ansia e della depressione", rivista di psicoterapie, ipnosi, vol. 1, n.1, edizioni EUR 1990.
12. SCHULTZ I.. H.: "Bionome Psychotherapie", Thiene, Stuttgart, 1951.
13. SCHULTZ I.H.: "Il Training Autogeno". Feltrinelli Editore , Milano -I - II Vol 1968.
14. THOMAS K.: "Autoipnosi e Training Autogeno" ; Ed. Mediterranee, Roma 1986
15. WALLNÖFER H.: "Anima senza ansia". Edizioni Universitarie Romane, Roma 1992
16. WALLNÖFER H.: "Tecniche analitiche nel ciclo superiore del Training Autogeno". Psicoterapie, pag 148, numero unico 1978, Ed. C.I.S.S.P.A.T., Padova
II°)
Gastaldo G., Ottobre M., Grassi C., Ciccotosto A.
Miti, Dante, Freud … e Schultz con il Training Autogeno
L’umanità tende a sanare il proprio “difetto originale”
Colpevole o vittima?
Possiamo ipotizzare che ci sia un grave handicap all’origine della vita infelice, che gli uomini troppo spesso si infliggono o infliggono ad altri, pur nel patetico tentativo di perseguire la felicità propria e altrui. (vedi epilogo del libro della collana Airda ed. Armando: Gastaldo G. Ottobre M.: “Una strada per il centro del cervello”).
Le leggi del nostro universo hanno generato l’uomo, organismo in evoluzione, il cui stadio evolutivo attuale, non definitivo, può contenere immaturità, le quali possono portarlo anche all’autodistruzione.
L’evoluzione dei mammiferi, fino all’Australopiteco (a cui appartiene la nostra progenitrice Lucy), si è realizzata in un centinaio di milioni di anni, e il cervello, in tale evoluzione, è arrivato ad un volume di circa 450/550 cc.
Dall’Australopiteco siamo giunti, in soli tre milioni e mezzo di anni, ai 1250 cc dell’uomo attuale e, tale aumento, è dovuto quasi esclusivamente allo sviluppo del neocortex (porzione - 90% - di corteccia cerebrale con sviluppo filogenetico più recente). Una maratona incredibile!
Purtroppo, il vero progresso non è solo questione di volume, ma di integrazione fra le parti.
Come non pensare che tale nuova struttura abbia avuto difficoltà nell’integrarsi perfettamente con le strutture preesistenti?
Il rimpicciolimento della mandibola non è andato di pari passo con una diminuzione di volume o di numero dei denti, portando al noto inconveniente di un dente che non trova posto! In una rapida evoluzione, possono essersi create strutture che a volte rappresentano vantaggi, ma altre volte svantaggi o addirittura pericoli per la salute.
Anche pensando al solo aumento del diametro del cranio, passando dall’Australopiteco all’uomo attuale, possiamo comprendere la difficoltà del nascituro di passare per il canale del parto. Nell’evoluzione, affinché il feto, con il volume del cranio così tanto aumentato, potesse passare attraverso tale canale, si sarebbe potuto strutturare un allargamento del bacino femminile; ciò in parte è avvenuto. Tuttavia un allargamento adeguato del bacino, quindi ancora maggiore, avrebbe comportato un troppo grande distanziamento delle teste dei femori, con la conseguente difficoltà alla deambulazione.
Sembra probabile invece (secondo un’ipotesi abbastanza condivisa) che la scelta evolutiva sia caduta nel determinare una nascita prematura a nove mesi, anziché a 12 o oltre. Così il cranio del nascituro, a tale stadio di vita intrauterina, ha una circonferenza ancora compatibile con una nascita senza problemi.
Questa immaturità comporta che i circuiti neuronali, alla nascita, non abbiano ancora raggiunto un sufficiente grado di maturità e quindi di stabilità, e pertanto siano estremamente predisposti a subire modellamenti dati dalla pressione delle esperienze nel mondo esterno.
I circuiti neuronali che supportano la paura, la rabbia, il lutto, la gioia, il disgusto, il senso di responsabilità, ecc., sono sottoposti all’azione plasmante di paure anche soltanto percepite, perdite importanti, danneggiamenti magari ripetuti. Alle volte tali eventi non sono proporzionati alle capacità di sopportazione del neonato. Pertanto i circuiti neuronali, che sottendono gli stati emotivi basilari e le reazioni istintive, possono deformarsi e, nel prosieguo del tempo, dare risposte alle evenienze della vita non congrue, sproporzionate o completamente errate, fino a produrre danno a sé ed agli altri. Tali stati emotivi possono essere più che mai ingestibili.
Tuttavia questa immaturità del cervello del neonato, e pertanto questa facilità ad essere plasmato dalle esperienze, comporta anche un vantaggio, che è caratteristico dell’essere umano, cioè la capacità di adattarsi ad ogni ambiente, sia fisico che psichico.
Un recente studio mette in risalto il fatto che i bambini, di qualsiasi etnia o di luogo geografico, nascano con le stesse potenzialità e caratteristiche di base (vedi studio INTERGROWTH – 21ST), ma poi l’opera plasmante dell’ambiente porta ad una tale differenziazione del modo di porsi nella vita, da rendere estremamente difficile la comprensione di comportamenti, stili di vita, mentalità tra individui di paesi diversi.
Possiamo quindi ipotizzare che, a causa di questo rapidissimo ed enorme sviluppo del neocortex, sia stato impossibile per le strutture del cervello delle specie precedenti, implicate nelle memorie antiche e nelle emozioni, integrarsi e armonizzarsi con le nuove strutture e soprattutto con la corteccia prefrontale. Quest’ultima è quella parte del neocortex che assolve anche al compito di modulare, nella consapevolezza, le nostre spinte emotive e le dinamiche inconsce.
Probabilmente il Sapiens sarebbe veramente tale, e non solo “sedicente”, se ci fosse una buona integrazione fra strutture sottocorticali e neocortex prefrontale.
2) Il “difetto originale”
Tale insufficiente integrazione comporta il sentirsi (a volte anche consciamente, ma più spesso in modo inconscio) in balia di un quid potente che ci travolge. Ciò può essere la causa di profonda insicurezza in tutti e in modo più marcato in alcuni; quindi costituire quello sfondo di paura che per molti si esaspera in compensi incongruenti.
Tale paura diventa matrice di tutte le strategie inconsce messe in atto per compensarla; avidità, invidia, gelosia, egoismo, bisogno di dominare e di controllare gli avvenimenti, gli altri e la vita stessa; la ricerca di un’impossibile immortalità ne è conseguenza. Ci troviamo ad assistere a distruttività, estremismi e guerre sia nel micromondo dei rapporti interindividuali, sia nel più ampio ambito dei conflitti sociali.
Sembra pertanto che l’eventuale “peccato originale” sia preceduto da un “DIFETTO ORIGINALE”, difetto dovuto ad uno scatto evolutivo troppo rapido.
Probabilmente, sia la parte più profonda del cervello sia il neocortex sono orientati verso il favorire e il potenziare la vita in tutte le sue espressioni. Quello che fa difetto potrebbe essere un’incompleta armonia fra le varie parti.
3) Miti, leggende, favole
Gli uomini, avendo comunque un cervello portentoso, hanno sempre cercato, in tanti modi diversi e soprattutto inconsapevoli, di rimediare a questa immaturità, a questa inadeguatezza di integrazione fra strutture cerebrali.
Questa ricerca si manifesta ad esempio attraverso la continua costruzione, elaborazione, e trasmissione di miti, leggende e fiabe. In queste produzioni dello spirito umano, sia nella costruzione che nel rimodellamento e trasmissione, c’è la coesistenza fra lo stato cosciente e l’inconscio, l’immaginario e la razionalità. Grazie a tutto questo accadono continue esperienze di collegamento tra neocortex prefrontale e strutture cerebrali più arcaiche.
Queste esperienze di funzionalità di strutture diverse collegate fra loro, stante la plasticità del cervello, portano a costruire sinapsi, - come ci dice la neurobiologia -, quindi connessioni e integrazioni fra strutture cerebrali di stadi evolutivi diversi: fra il così detto cervello del rettile quello del mammifero e quella parte tipica dell’uomo che è il neocortex, con la sua importante parte che è la corteccia prefrontale.
4) L’arte
Anche nell’arte, in ogni processo creativo artistico, avviene questa integrazione. Essa si realizza, partendo dall’integrazione parziale, attraverso il costante e ripetuto impegno di realizzarne una migliore. Con continue esperienze, come fanno gli artisti, si maturano e si consolidano le sinapsi che collegano strutture (neocortex, strutture sottocorticali, emisfero destro ed emisfero sinistro).
Pertanto l’arte è anche un mezzo, un mezzo importante, forse il primo, attraverso il quale l’essere umano ha inconsciamente cercato di sanare il proprio “difetto originale”.
Artisti neolitici, Omero, Fidia, Tragediografi greci, Dante, Michelangelo, Leonardo, Shakespeare, Bosch - per nominare solo alcuni - in ogni epoca hanno attinto a piene mani , in piena coscienza, ai loro archetipi, ai loro simboli, al loro materiale onirico; hanno dato carta bianca al loro immaginario; hanno lasciato emergere in piena coscienza, e hanno espresso come regalo all’umanità, il loro personale inferno, purgatorio e paradiso, la loro strada di evoluzione, nella integrazione delle loro strutture cerebrali.
Nel presente anno 2021 ricorre il settecentesimo anno dalla morte di Dante, che è stato fra i più completi ed espliciti nel delineare il proprio viaggio di sviluppo e integrazione.
Questo nostro lavoro fa esplicitamente riferimento a lui.
Ci sono studi importanti sull’opera di Dante per quanto riguarda il suo cammino, e a loro rimandiamo; ne citiamo quattro, particolarmente significativi, in ordine di prima pubblicazione in lingua italiana.
1) Adriana Mazzarella. (2017; prima edizione 1991): Alla ricerca di Beatrice - Dante e Jung Edra, Milano.
Pag.14: «riscoprire quei valori e ripercorrere con lui quel viaggio all’interno dell’uomo che porta alla conoscenza di come siamo fatti, onde arrivare a una trasformazione.
Ognuno deve passare attraverso l’esperienza del proprio «inferno» se vuole cambiare qualcosa nell’atteggiamento verso la vita».
Pag. 23: «Nell’inferno veniamo a contatto con la persona, con l’ombra, con i vari aspetti dell’animus e dell’anima; nel purgatorio prendiamo coscienza della sintesi unificante degli opposti e, nel paradiso, delle istanze spirituali che portano all’unione finale col Principio (cioè Dio), proprio come nello Yoga orientale»
2) Richard Schaub & Bonney, Gulino Schaub (2004 ed italiana): Il Metodo Dante – per superare ansia, frustrazione e paure e ritrovare la “diritta via”, Ed. Piemme, Casale Monferrato (AL).
“L’inferno di Dante rappresenta il catalogo dei nostri disagi e delle nostre paure, il purgatorio la strada per liberarsene, il paradiso il passaggio a una vita pienamente realizzata e densa di significato. Il più grande poema di tutti i tempi può diventare una risposta utile e pratica alle nostre esigenze più profonde”.
3) Giorgia Sitta (maggio2018): Tutti all’Inferno – l’alchimia nella Divina Commedia: il viaggio dell’uomo verso Sé, Ed. Le Duetorri.
“Tutti all’Inferno è un augurio che ogni lettore possa trovare nel proprio inconscio i suoi Talenti, la strada verso il Sé, in un incontro con la propria anima che lo porti a vivere con gioia e gratitudine ogni giorno della sua vita. E’ questo un atto di coraggio che serve ad uscire dalla meccanicità del vivere quotidiano nella quale siamo immersi …”
4) Claudio Widmann (Gennaio 2021): La divina Commedia come percorso di vita. Volume I: l’Inferno, l’abisso dell’inconscio. Volume II, il Purgatorio: il regno dell’io, Volume III: il Paradiso, la sfera del Sé, Edizioni Magi
“Sette giorni, lunghi come quelli della creazione; tre mondi, distanti come il cielo dalla terra; un uomo, solo come ogni uomo dinanzi al proprio destino. Il viaggio di Dante tocca il fondo delle bassezze umane e i vertici di certe esperienze sublimi, passando per il tormento della libertà e della responsabilità. È un viaggio di evoluzione e di trasmutazione, è un itinerario di elevazione. È il percorso di vita di ogni uomo in cammino.”
5) La scienza
A Sigmund Freud l’umanità è debitrice per una delle più utili invenzioni che permette il miglioramento dell’essere umano. Si tratta delle associazioni libere; libere da un vincolo razionale. Nasce il lavoro psicologico su di sé moderno.
In piena coscienza, ad una parola si associa ciò che improvvisamente viene in mente o l’emozione che emerge, senza preoccuparsi che ci sia una spiegazione razionale.
Nelle associazioni libere la persona, in pieno stato di coscienza, lascia emergere contenuti inconsci e, nelle sedute di analisi, si allena ad usufruire e potenziare, sempre più facilmente e frequentemente questa capacità. È una continua creazione di sinapsi fra neocortex e strutture sottocorticali.
Freud ha reso fruibile a tutti, attraverso una tecnica, il mettere in atto una capacità naturale – contemporaneità coscienza/inconscio - che tuttavia solo alcuni hanno a portata di mano spontaneamente – esempio fondamentale Dante nella divina Commedia.
Dopo Sigmund Freud, Carl Gustav Jung in particolare, Robert Desoille, e altri, hanno reso possibile l’affinamento di questa capacità, con altre particolari modalità.
A I. H. Schultz il merito di aver inventato un allenamento, strutturato, che la persona esegue quotidianamente in piena autonomia. (vedi libri della collana Airda ed. Armando). Schultz basa il suo metodo sull’allenamento; l’importanza di questo si riscopre oggi con le acquisizioni della neurobiologia che dimostra l’importanza della ripetitività di esperienze nella costruzione e potatura di sinapsi e quindi nel modellamento e rimodellamento dei circuiti neuronali del cervello.
Nel T.A. Basale, quando non mistificato a mero mezzo di rilassamento, ci si allena all’ascolto della propria realtà organismica completa; ci si allena a lasciare che accada, all’accettare ciò che emerge spontaneamente senza paura e senza dare giudizi; ci si allena quindi a lasciare emergere, in piena coscienza, ciò che è contenuto nella parte più profonda del cervello/psiche.
(vedi pp.19 e seguenti in Gastaldo G Ottobre M. (1994 – 2008): Psicoterapia Autogena in quattro stadi – l’appuntamento con se stessi, Ed Armando, Collana Airda, Roma.
In questo allenamento si formano e consolidano strutture neuronali di integrazione fra strutture corticali e sottocorticali del cervello. Si realizza un processo analogo a quanto avviene in una prassi di produzione artistica, e nell’opera collettiva di costruire e tramandare miti, leggende e favole.
Così allenate le persone, nelle sedute di diversi tipi di Training Autogeno Avanzato, lasciano emergere spontaneamente, in piena coscienza, sequenze di associazioni libere, di simboli espressi e integrati con elementi coscienti. Soprattutto lasciano emergere, in piena coscienza, vissuti di un contesto immaginativo inconscio,. Tali vissuti sono il frutto dell’elaborazione che il cervello ha fatto di tutte le esperienze, dalla vita intrauterina in poi. Si creano continuamente collegamenti sinaptici. (vedi in particolare il libro: Gastaldo G. Ottobre M. (2019): Una strada per il centro del cervello – un seno con le spine, Ed Armando, collana A.I.R.D.A., Roma).
6) Un contributo dello Studio Gastaldo/Ottobre, Airda
Nel 1987 è stato pubblicato un libro (che ora verrà ripubblicato in e book Ed. Armando, collana Airda) Gastaldo G., Ottobre M.: Nel Labirinto con il filo d’Arianna - lo strutturarsi delle vie dell’energia nell’età evolutiva, Ed Piovan, Abano Terme (PD).
Senza che ce ne fosse l’intenzione, è stato seguito lo schema: Inferno, Purgatorio, Paradiso. Ciò è comprensibile in quanto questa è la sequenza naturale a cui ogni essere umano spontaneamente aderisce, quando non fa opposizione alle leggi della vita inscritte in lui, nel suo DNA.
Nel libro, attingendo all’archivio Gastaldo/Ottobre, in cui sono depositati migliaia di vissuti in stato autogeno, sono stati raccolti centocinquantacinque vissuti di quarantadue soggetti.
In tali vissuti si esprimevano importanti esperienze avverse, dei primi anni di vita, che avevano bloccato la normale evoluzione verso una vita piena.
Questi blocchi avevano incatenato le persone in un ‘Inferno’. Man mano, nello svolgimento dei vissuti in piena coscienza i blocchi venivano superati. Ciò durante sedute di Training Autogeno Avanzato, sedute che sono state chiamate: “T.I.A.A.” cioè Terapia Immaginativa Analitica Autogena.
Le persone, dopo aver passato il loro ‘inferno’ in molte sedute, sfociavano nelle T.I.A.A. che abbiamo chiamato della ‘ripresa’ e della’ rinascita’ nelle quali si esprime il loro ‘purgatorio’ e il loro ‘paradiso terreno’.
Il parallelismo che, nei paragrafi successivi, faremo fra alcuni versi della Divina Commedia e alcune frasi delle T.I.A.A. vuole solo significare che, come Dante, anche ciascun soggetto passa attraverso analoghi stadi evolutivi. Tuttavia il viaggio di ogni uomo è personale e nessun passaggio può essere sovrapponibile a quello di altri; la somiglianza si può trovare nell’ambito di simbologie archetipe.
Ecco alcune piccole parti di vissuti riportati nel libro.
Come esempio di ‘inferno’ il frammento di seduta di una giovane universitaria
T.I.A.A. N° 19
“vedo me con codine, vestita con grembiulino azzurro… sono impiccata e penzolo … mi vedo poi in una bara … sdoppiata; una nella bara e una che corre nella stanza incurante dei topi …mi stendo dov’era la bara e fingo di essere morta … vedo mio padre che fa all’amore con me
Come esempio di ‘purgatorio’ riportiamo un frammento di T.I.A.A. della ripresa (N° 25), che parla della individuazione; la giovane donna ‘conquista’ la sua voce interna, il modo originale di esprimere se stessa.
T.I.A.A. N° 25 sogg. Femminile
“… E scopro che anche il mare ha una sua voce, un suo rumore. E così cerco di rispondere con la mia voce … prendo un po’ di terra in mano, e sento che anche questa fa dei rumori … L’acqua … Sono tutte voci e non meccanismi: sono voci interne, come la mia, ora… E anche la mia voce ha mille possibilità di suoni, di combinazioni ... È come qualcosa prima del linguaggio, è una facoltà, un suono… Allora prendo una barca e vado sopra il mare … e vedo che ci sono nuove terre … e tutto un mondo popolato di voci, da suoni, che è come un mondo per essere vivi … E tutto … vive, tutto ha una sua parte in un grandissimo concerto…”.
Come esempio di rinascita e armonia raggiunta, il ‘paradiso’ citiamo il frammento di
T.I.A.A. N° 27. Sogg. Femminile.
“Continuo a divertirmi molto serenamente ….. la serenità è molto adulta …. equilibrata, è chiara, è bianca, è come il sole, luminosa, come l’aria …. Mi immagino con questo alone di bianco, giallo, azzurro in tutto il mio corpo …. Cerco di non perderlo …me lo penso sempre addosso… continuo a vedermi così in giro per la strada con un viso molto sereno e sorridente.
Questa luminosità/serenità si trova nel paradiso dantesco dove c’è il binomio luce/beatitudine; luce che va dal bianco come “perla in bianca fronte”, alla luce dorata del cielo di Saturno a quella azzurra del cielo di Giove fino al bianco splendente incandescente dell’Empireo.
E ora un sogg. maschile:
T.A.A.A. Training Autogeno Avanzato Analitico N° 14
“Ora la sfinge diventa mia madre, mi tiene in braccio, mi guarda dolcemente, siamo tutti e due racchiusi in un sacco amniotico trasparente, galleggiamo nello spazio verso un infinito di stelle”
Egli ricorda e commenta, tutti i vissuti in cui rievoca, in modo simbolico, le terrificanti lotte con la figura materna.
“il nostro è stato un atto doloroso e faticoso, portato avanti in collaborazione; tutti e due abbiamo sofferto per creare una nuova vita, è una sensazione nuova, diversa, matura”.
7) Gli eroi
Certamente la Divina Commedia di Dante è un altro mondo rispetto ai nostri T.I.A.A.
Il Sommo poeta possiede una immensa capacità naturale immaginativa (capacità immaginativa che nelle T.I.A.A. è frutto di un preciso allenamento) che, già di per sé, è in grado di creare sinapsi fra strutture cerebrali in partenza non perfettamente integrate.
Ma Egli coniuga quest’ultima con un’altra immensa capacità cioè quella artistica. Quest’ultima è anch’essa in gran parte dote naturale, ma è anche frutto di enorme lavoro di ricerca della perfezione.
Dante crea un’opera inimitabile: La Divina Commedia, facendo un lavoro di crescita personale che regala poi all’umanità, per incoraggiare tutti noi a tendere a meritarci, almeno un poco, l’appellativo di ‘sapiens’.
Dante è il sommo ‘Eroe’, ma …
Tornando dalle sfere celesti, dove risiede Dante e il suo paradiso, alla nostra realtà terrena aggiungiamo qualche vissuto (nelle T.I.A.A.), nell’intento di descrivere qualche tentativo dei nostri eroi per giungere, anche se non in ‘paradiso’, almeno a rivedere le stelle.
Nell’epilogo del libro [Gastaldo G. Ottobre M. (2008): Il Training Autogeno in diretta -si aprono nuovi orizzonti, pagg. 144/148. Ed. Armando, Collana Airda, Roma] sono stati chiamati ‘eroi’ i pazienti che fanno un lavoro profondo su se stessi. Ciò perché i mitici eroi sono quelli che ci vengono descritti come figli di un dio e di un mortale (e pertanto rappresentano ciascuno di noi, sono cioè un organismo con due facciate una psichica ritenuta figlia del cielo e una corporea ritenuta figlia della terra), ma, gli eroi, per essere consacrati tali - tutti indistintamente quelli della mitologia greco romana e non solo e anche Dante -, vanno a ‘visitare’, a ‘impossessarsi’ del mondo degli inferi.
Per l’umanità l’eroe, per essere considerato tale, deve possedere interamente se stesso, compresa quindi la parte sotterranea, inconscia.
Vi presentiamo ora una eroina che tuttavia è rimasta intrappolata nel proprio ‘inferno’. (evenienza, questa, successa anche all’eroina sumerica Inanna, la dea regina del cielo e della terra, quando era andata a conquistare la sua parte sotterranea).
Tale nostra eroina potrebbe essere collocata fra gli ignavi.
Alla parola ‘ignavi’ di solito si dà un significato che è frutto di una mentalità giudicante; dai vocabolari – uno a caso - Devoto Olli: imperdonabilmente indolente o vile di fronte alle umane responsabilità.
Tuttavia, dal punto di vista psicopatologico, ci accorgiamo che quasi sempre si tratta di persone che possiamo definire: “borderline”. Termine questo che, inteso nell’accezione più recente, sta ad indicare persone che si mantengono ai bordi della vita e cioè non entrano in essa in quanto terrorizzati dai rischi del vivere, tra i quali primo di tutti il morire.
Nella nostra esperienza sono persone che agli albori della vita, nei periodi in cui enorme è la plasticità del cervello, in quanto è in piena formazione, hanno ricevuto, o hanno creduto di ricevere, gravissime minacce di vita – anche ad es. assenza di una figura materna stabile. Così, nel loro cervello, si sono improntati circuiti neuronali che costituiscono basi operative di automatiche e irrefrenabili reazioni di evitamento (di entrare nella vita).
Tornando alla nostra eroina, è successo quanto segue:
Dopo aver fatto il corso Base del T.A., e una quarantina di T.I.A.A., è arrivata ad un vissuto che per molte persone, anche con la sua stessa patologia, rappresenta l’inizio di una svolta decisiva.
Si tratta di uno degli otto meccanismi di armonizzazione più frequenti e più efficaci, che accadono nel Training Avanzato [vedi il libro precedentemente citato alle pagg 188/197: Gastaldo. G. Ottobre M. (2019).
Stiamo parlando della chiusura di una Gestalt, che lei non ha potuto (e non: “non ha voluto”) effettuare.
Si parla di “Gestalt chiusa” quando un bisogno fondamentale viene soddisfatto; Gestalt significa: forma completa. La Gestalt rimane invece aperta quando tale bisogno, in una finestra temporale particolare, non viene soddisfatto adeguatamente per cui, per tutta la vita, la persona cerca invano di soddisfarlo.
In archivio Gastaldo/Ottobre ci sono molti esempi in cui si ha una svolta decisiva quando in una T.I.A.A. il se stesso adulto dà al se stesso bambino ciò che gli era mancato. Avviene nell’immaginario la “chiusura della Gestalt” ovvero la completezza.
In questo caso la paziente, da neonata, aveva avuto esperienze vissute come angoscianti e terrificanti, tanto è vero che le avevano detto che nel suo primo anno di vita aveva continui pianti di disperazione.
(Non abbiamo la possibilità di riportare il vissuto, ma lo raccontiamo):
Nell’immaginario: lei, adulta, vede sé neonata disperata e nessun adulto presente va a prenderla e cullarla o va a vedere perché è angosciata. Non le viene assolutamente spontaneo, come di solito avviene per altri pazienti, di prendersi cura di quella bambina. La guarda disperata e, dopo aver deprecato che nessuno se ne prende cura, rinuncia a prenderla in braccio e se ne va sconsolata.
È colpevole di ignavia o è vittima di un circuito neuronale killer?
Se diamo per scontato il “libero arbitrio” dobbiamo tuttavia chiederci quanto di questo c’è in ciascuno di noi. Ai limiti: 1 o 99%.?
Dante: Inferno Canto III:
“Vidi e conobbi l’ombra di colui
Che fece per viltà il gran rifiuto”
……………
“Questi sciaurati che mai non fur vivi
Erano ignudi, stimolati molto
Da mosconi e da vespe ch’eran ivi”.
Dopo qualche tempo la paziente ha smesso di proseguire il lavoro psicologico. Rimase prigioniera nel suo ‘inferno’; tuttavia nella vita sempre tutto può accadere.
In ogni uomo possiamo trovare momenti di ignavia e, la consapevolezza di questo, dovrebbe essere vissuto come un frammento di inferno nella vita terrena e diventare moscone e vespa che ci pungola a superare questo momento di debolezza.
Un altro eroe era venuto, negli ultimi anni ottanta, all’età di 28 anni, per fare un percorso psicologico perché vittima delle proprie esplosioni di rabbia, che mettevano a rischio le relazioni familiari e la corretta educazione dei propri figli.
Dalle T.I.A.A. emerge nitido che esperienze di danneggiamento hanno reso ingestibile il circuito neuronale che sottende l’emozione rabbia; emozione forza vitale, inscritta nel nostro DNA, per stoppare i danneggiamenti; forza positiva quando è congrua e proporzionata alla propria finalità e non degenera in violenza, distruttività, sopraffazione, vendetta.
C’era in lui un nucleo che ha coagulato attorno a sé vissuti di danneggiamento. Tale nucleo si è costruito nella vita prenatale e perinatale. Infatti il paziente è nato post maturo di più di dieci giorni; era molto cianotico, al limite della sopravvivenza, immerso in un liquido amniotico ormai ‘melmoso’ e con il cordone ombelicale attorcigliato al collo.
È da notare che l’asfissia è una delle esperienze di danneggiamento più sconvolgenti e terribili.
Attorno a questo nucleo si sono coagulate altre esperienze di danneggiamenti avvenute nella prima infanzia, formando nell’insieme un ‘pacchetto di esperienze’ capace di deformare il circuito neuronale che sottende a tale emozione, e quindi stravolgere le finalità vitali dell’emozione ‘rabbia’.
Tutto ciò il paziente l’ha ricostruito quando sono emersi i vissuti dei quali riportiamo frammenti; solo allora si è ricordato di ciò che gli avevano detto della propria nascita e dei suoi primi anni di vita.
Riportiamo una seduta completa, incredibilmente breve; fa parte della seconda serie, fatta dopo una decina di anni dalla prima e dal corso di T.A. Basale (la prima serie era di una trentina di T.I.A.A. ed era servita per incanalare l’energia della sua rabbia in atti vitali costruttivi).
In questa che riportiamo, sintetizza alcune tematiche esposte nelle precedenti sedute: soffocato sotto acqua (in molte altre T.I.A.A), nero dentro l’utero, paralizzato, cianotico, melma, fango, rabbia, esplosione, acqua purificatrice.
Nella seduta: vengono lasciate emergere sensazioni antiche, registrate nell’amigdala, e nell’emersione, sono elaborate dalla corteccia prefrontale.
Possiamo notare nel vissuto: l’‘inferno’ con tentativi di sanare: ‘purgatorio’.
T.I.A.A. N° 13
“Vedo me piccolo, sembra di essere dentro l’utero, sono tutto nero, arrabbiato, la bocca piena di qualcosa che non mi permette di respirare, sembrano delle feci, qualcosa di schifoso che poi sputo, sono quasi immobilizzato, paralizzato, tutto nero. Sembro quasi un neonato handicappato e ci sono io grande che con un tubo cerco di aspirargli tutta la schifezza che quello piccolo ha in bocca per provare a farlo respirare. Riesco a tirargli via tutto quello lui aveva in bocca (chiusura di Gestalt) e lui dopo si riprende e mi abbraccia e quello che gli ho aspirato va in un contenitore trasparente e c’è tanta rabbia. Questo contenitore si spacca e la rabbia esce, è come una melma e va sul pavimento, allora io cerco di lavarla con una gomma per l’acqua e cerco di portarla fuori dalla stanza, ma anche fuori da me, dal mio corpo. Poi mi sento scivolare giù nel profondo e tutta la rabbia della melma mi copre, mi sovrasta, fa uno strato enorme che mi soffoca e che da liquido diventa tutto duro. Riesco a tirarmi fuori, distruggendo la parte solida e poi uscire, mi sento arrabbiato con la rabbia. Sono tutto blu, violaceo e ho una corda tutto intorno (cordone ombelicale causa della cianosi) e poi, sempre con molta rabbia, la spezzo e riesco a tornare di un colore normale. Ho paura di questa rabbia però sono confortato dal fatto che l’Io grande prende in braccio quello piccolo (nuova chiusura di Ghestalt) e sono tutti e due rosa, non più neri, e se ne vanno abbracciati. Basta”.
Nella Divina Commedia gli iracondi sono condannati a gorgogliare sotto l’acqua, nel limo, ingozzando fango come si può vedere dai versi qui di seguito riportati.
Lo buon maestro disse: «Figlio, or vedi
l’anime di color cui vinse l’ira;
e anche vo’ che tu per certo credi
che sotto l’acqua ha gente che sospira,
e fanno pullular quest’acqua al summo,
come l’occhio ti dice, u’ che s’aggira.
Fitti nel limo, dicon: “tristi fummo
nell’aere dolce che dal sol s’allegra,
portando dentro accidioso fummo:
or ci attristiam nella belletta negra’.
Quest’inno si gorgoglian nella strozza,
che dir nol posson con parola integra».
Così girammo della lorda pozza
grand’arco tra la ripa secca e’ il mezzo,
con gli occhi volti a chi del fango ingozza.
È interessante notare che la condanna immaginata da Dante è molto assomigliante alla genesi dell’incapacità di gestire l’ira nel nostro paziente!
Comunque, qualsiasi sia la genesi dell’incapacità di gestire l’ira in modo costruttivo, con Dante possiamo dire che, quando soggiacciamo a questa, e questo può succedere a tutti, ci sentiamo e siamo soffocati, anche fisicamente – collo e volto congestionati quasi cianotici –, dalla melma che essa è. L’ira soffoca e consuma ogni nostra energia volta a costruire rapporti di amicizia e di amore.
La condizione ‘infernale’: “lo incendio” è messa in risalto dal frammento di T.I.A.A. successivo della stessa persona:
Divina Commedia, Inferno, canto XIV:
“Chi è quel grande che non par che curi
Lo’ ncendio sì che la pioggia non par che ’l maturi?”
……………
“O Capaneo, in ciò che non s’ammorza
La tua superbia, se’ tu più punito:
nullo martirio, fuor che la tua rabbia,
sarebbe al tuo furor dolor compito”
T.I.A.A. N° 14
“Vedo delle fiamme, un fuoco alto che brucia dei bambini, quasi neonati; sono bambini che piovono dall’alto e che vengono bruciati dalle fiamme e sono tutti me stesso che però sembrano malformati, piuttosto che cattivi. Poi questi corpi carbonizzati sono io ad appenderli su un filo e li metto in mostra come in serie come se volessi eliminare il brutto che c’è in me. Vedo poi un’esplosione come una bomba che inghiotte anche me, mi fa in mille pezzi, è un’esplosione di rabbia”.
Eppure questo bagno di fuoco e il martirio ‘rabbia’ (è come ‘martirio’ che vive le proprie esplosioni) lo maturano! Il fuoco lo vive come distruzione di ciò che è male, e quindi come purificazione.
Infatti più avanti, nella stessa T.I.A.A., accade uno dei meccanismi di guarigione – “recupero di esperienze positive” che fa ritrovare fiducia e permette di operare per la propria salute -:
“Poi mi vedo sulla bambagia …. E’ tutto bianco, tutto morbido quasi il mio corpo scompare dentro questo cotone …. Faccio un buco nel cotone in modo che la rabbia possa respirare … quasi che calma e rabbia potessero in questo modo convivere”.
Siamo di fronte ad un tentativo di integrarsi con la propria ombra, di gestire in modo costruttivo l’energia insita nella rabbia (altro meccanismo di armonizzazione).
Il lavorio sull’integrazione e il raggiungimento dell’armonia solitamente avvengono nelle fasi più avanzate del lavoro psicologico con le T.I.A.A.. A volte integrazione ed armonia sono preannunciate durante il lavoro sull’‘inferno in noi’ e non sono così nettamente separate, e in ordine cronologico, in ‘purgatorio’ e ‘paradiso’. Questo d’altronde è nella vita.
Nelle T.I.A.A. il cammino è a spirale: ci sono tematiche ricorrenti lungo la spirale che si allarga verso l’alto. Negli anelli più in alto si ritorna sulle stesse tematiche precedenti che però vengono elaborate in modo più complesso e completo. Alle volte con una serie di T.I.A.A. la persona arriva ad una armonizzazione, ma poi può esserci il ritorno nell’‘inferno’; quindi viene ripercorso il cammino, verso l’alto, che comunque è ad un livello superiore.
Questa ripetitività è la base di un vero cambiamento in quanto solo così si strutturano sinapsi stabili che lo sottendono, come ci informa la neurobiologia. Non è una singola chiusura, ma una serie di chiusure di Gestalt o di recupero di esperienze positive, o altro meccanismo di armonizzazione, che determinano un vero nuovo status! [vedi: Gastaldo G. Ottobre M. (2007 a). L’archetipo del rito – le strutture psichiche con riferimento alla bionomia e al modello Gastaldo Ottobre (pp.135-151) in: Il rito. Widmann C. (a cura di), Ed. Magi, Roma].
Lasciamo ora il posto ad un’altra giovane eroina con i frammenti di tre sue T.I.A.A.:
Il suo punto di partenza è un vissuto di ‘corpo rifiutato, nemico, ‘inferno’. Tuttavia, come Dante, anch’essa è aiutata nel suo viaggio.
-Nella T.I.A.A. N° 25, è aiutata da una forza interna, che nasce dal proprio D.N.A. Forza che tende alle leggi della vita, quando ci mettiamo in collegamento con essa [vedi: Gastaldo G., Ottobre M. (2007 b): “L’archetipo degli archetipi; come opera nella Terapia Immaginativa Analitica Autogena”, Nuove prospettive in psicologia (pagg.13/20), anno XXII, n. 1. Maggio 2007 (fasc. n. 37)].
- Nella stessa T.I.A.A. la paziente è aiutata anche dall’Archetipo della madre.
Arriva così finalmente a lavorare sull’integrazione tra corpo e psiche (T.I.A.A. N° 29) e quindi all’armonia (T.I.A.A. N° 30).
Come in Dante: il corpo ‘terreno’ nell’‘Inferno’ va verso la riunificazione nel ‘Purgatorio’ per raggiungere l’armonia nel ‘Paradiso’.
T.I.I.A. N° 25. Ecco le ‘forze’ interne che l’aiutano (a e b):
a)“Sento una forza spontanea che non so da dove nasca, viene dal profondo e a volte mi stupisce, ha voglia di vivere, di godere qualsiasi cosa, accetta le piccole cose come un dono, questa parte fa sì che mi senta disponibile verso gli altri, non nel senso di caricarmi di pesi più forti di me, ma disponibile alle relazioni, rapporto di scambio e parità reciproca” ….
b)“Dall’interno è come se vedessi un’immagine di una mamma che prende in braccio il suo bambino, sia nel momento di gioia per affetto sia nel momento brutto, quando il bimbo non ha le capacità di affrontare la situazione, e sa che la mamma è li, non se ne va, e lo fa sentire protetto anche quando ha paura”.
Quest’ultimo passaggio ricorda Dante che nel XXX Canto del Purgatorio, quando incontra Beatrice, usa la similitudine di un ‘fantolin’ (fa emergere dalle sue esperienze antiche) che corre dalla madre quando ha paura.
“ Tosto che ne la vista mi percosse
l’alta virtù che già m’avea trafitto
prima ch’io fuor di puerizia fosse
volsemi la sinistra col respitto
col qual il fantolin corre alla mamma
quando ha paura o quand’egli è afflitto.
Ecco le due T.I.A.A. che descrivono il processo d’integrazione
T.I.A.A. N° 29.
“Sensazione di calore piacevole, tutta dentro al corpo, un vigore, un’energia che da dentro va verso fuori. … Una luce, simile al colore oro, da piccola si estende e diventa un cerchio grande, come se illuminasse tutte le parti di me, una luce rassicurante che indica una via interna. …..”
Va molto bene così, ed è già una grande conquista, ma riguarda solo la parte interna, la psiche, che colloca nell’interno del corpo; questa tuttavia non è in armonia con la sua parte esterna, cioè il corpo, come poi dice.
“Una sensazione come se le parti interne di me non fossero collegate con le parti esterne del corpo, non ci fosse continuità fra il dentro e il fuori. … A volte ho un rifiuto verso il corpo, non rispecchia la parte esterna ma fa vedere un’altra cosa. Non accetto il corpo perché mi tradisce a volte. L’inizio è stato da quando (il corpo) cominciava a trasformarsi da bambina quando iniziavo a crescere, a mutare, e da più grandicella, con la paura di diventare come una donna ….”
Tuttavia c’è questa luce che si estende, che indica una via (la sua Beatrice), e il risultato lo vediamo nel brano successivo; è la tendenza in sé a vivere secondo le leggi della vita.
T.I.A.A. N° 30
Sensazione di piacere e leggerezza su tutto il corpo, di pace interna e di distensione come quando si è sull’acqua del mare e ci si lascia cullare dalle onde e ci sentiamo sereni e liberi di farci cullare e coccolare”
Inizio apparentemente come nella precedente T.I.A.A., ma qui parla di ‘corpo’ e non ‘qualche cosa che è dentro al corpo’ e poi prosegue in modo molto diverso:
“Sensazione di ascolto e osservazione verso me stessa e parte interna ed esterna non sono divise ma una continuità, una complessità, un tutt’uno; ecco sono così, fatta da tante parti, ognuno ha una sua particolarità, il corpo accoglie questo messaggio, non sento due cose diverse, ma come se il mio corpo rispondesse al mio stato interno, c’è armonia fra corpo e psiche” …. Sento come ci fosse un adulto interno che indica la via lasciandoti libera”.
Come ultima eroina presentiamo una persona che è stata preda di una delle più profonde e spietate depressioni, osservate fra molte decine di casi.
Sua è anche la T.I.A.A. in cui si vede il viraggio fra vissuto di madre mostro, (“mia madre è un mostro, per cui “io sono una madre mostro”) a madre nutritiva che dà calore; viraggio che segna l’inizio della sua ripresa e rinascita e conseguente uscita dalla depressione.
Tale T.I.A.A. è riportata, anche con illustrazioni, nel libro [Gastaldo G Ottobre M. (2002 – 2008:” Dottore, posso guarire? - Come curare i mali oscuri”, pagg.101/106. Ed. Armando, collana Airda, Roma].
Invece, nella seduta, della quale qui riportiamo l’ultima parte, la paziente fa comparire come protagonista il bambino il cucciolo, il proprio puer.
La svolta verso l’integrazione del femminile con il maschile è compiuta dal proprio puer in quanto questa parte di sé possiede l’energia allo stato nascente, contiene anche l’orientamento insito nel DNA verso le leggi della vita ed infine, nella T.I.A.A. prima menzionata, ha fatto emergere ed ha captato il ricordo, registrato nell’amigdala, di madre tenera, affettuosa, protettiva, che dà calore e nutrimento.
Il bambino entra in scena rapidissimo, come una saetta, così come, subito dopo, è stata rapida e improvvisa l’uscita dalla depressione.
A questo bambino in lei, il compito di recuperare e accogliere come preziosissima la sua parte femminile, che aveva creduta terribile e distruttiva, e che quindi aveva rinnegato, con conseguente caduta nella depressione.
Al bambino il compito di ritrovare Beatrice che è sotto forma di perla, ma dapprima non la può vedere perché nascosta nell’ostrica ed è in un antro.
Anche Dante, nel trentesimo canto del Purgatorio, non riconosce Beatrice perché nascosta da un velo
Canto XXX
“Sovra di candido vel cinta d’uliva
Donna m’apparve, sotto verde manto
Vestita di color di fiamma viva”
Dante e il bambino devono immergersi nell’acqua purificatrice – Dante nel fiume Lete – e, a loro così purificati, finalmente si svela e possono contemplare, il loro tesoro; si apre la strada verso il loro ‘paradiso’.
Canto XXXIII
S’io avessi, lettor, più lungo spazio
Da scrivere i’ pur cantere’ in parte
Lo dolce ber che mai non m’avria sazio;
…………….
Io tornai dalla santissima onda
rifatto siccome piante novelle
Rinovellate di novella fronda,
puro e disposto a salire le stelle
T.I.A.A. N° 42
Adesso dal cielo, ho visto come una saetta, con la stessa intensità, scendere un bambino ed è andato dentro ad uno specchio d’acqua. Sembra sia arrivato con uno scopo ben preciso; infatti sposta delle piccole pietre, forse in cerca di una specie di tesoro, (non quale monete o oro), ma di qualche cosa che imprigioni la voglia di vivere; potrebbe andare in cerca di un’ostrica che sia riuscita a produrre, nel corso del tempo, una perla bellissima.
Adesso vedo un piccolo bagliore proveniente da un antro sotto la superfice di questo fiume e il bambino si dirige proprio là.”
Il bambino è colpito dal bagliore della nascosta perla come Dante è trafitto dal ‘bagliore’ della virtù della velata Beatrice, come nei versi prima citati:
“Tosto che nella vista mi percosse
L’alta virù che già m’avea trafitto”
“Il bambino prende in mano la perla con estrema delicatezza; la apprezza come un dono e quasi con umiltà va incontro a questo dono. L’appoggia vicino al cuore non so se per riuscire a spostare su di sé la stessa energia che l’ostrica è riuscita a utilizzare per formare la perla.
La tiene stretta in mano e risale.
L’acqua imprime sul suo corpo una forza tale che sembra spingerlo verso la superfice.
Lui arriva sulla riva, vedo la sabbia molto bianca, vedo il mare con un bel colore azzurro e lui si siede sulla riva del mare e rimane là ad ammirare il tesoro che è riuscito a scoprire in fondo al mare”
8) Conclusione
Abbiamo raccolto e accolto le ‘umane commedie’ di centinaia di questi EROI, con più di quindicimila loro T.I.A.A. registrati, trascritti e catalogati.
Ognuno di essi non si è limitato ad una, seppur importante riflessione sulla vita e sul viaggio proprio e altrui, ma ha COSTRUITO e percorso, tappa per tappa, nel loro immaginario e in piena coscienza, soffrendo e gioendo, un loro personale, intimo, inimitabile e irripetibile viaggio.
Questo non assomiglia e non può assomigliare a quello delineato nell’Asino d’oro di Apuleio, nella Divina Commedia di Dante, nel Signore degli anelli di Tolkien, nella Storia Infinita di Ende, in Pinocchio di Collodi, in Harry Potter di Rowling e in mille altri.
Essi documentano, con i profondi cambiamenti del loro personale modo di vivere, il cammino di armonizzazione psichica e di integrazione di strutture cerebrali che la sottendono.
Certamente questi nostri eroi non possono paragonarsi all’EROE Sommo Poeta; pur tuttavia, con Dante e gli altri artisti e i miti, leggende e favole e alcune prassi psicoterapeutiche, essi indicano e testimoniano una via – (coesistenza, collaborazione di immaginario/coscienza) - per un futuro migliore, per quell’umanità che è disposta a percorrerla.
A Dante e anche a ai nostri Eroi la nostra gratitudine.
Gastaldo G., Ottobre M., Grassi C., Ciccotosto A.
Miti, Dante, Freud … e Schultz con il Training Autogeno
L’umanità tende a sanare il proprio “difetto originale”
- Premessa
Colpevole o vittima?
Possiamo ipotizzare che ci sia un grave handicap all’origine della vita infelice, che gli uomini troppo spesso si infliggono o infliggono ad altri, pur nel patetico tentativo di perseguire la felicità propria e altrui. (vedi epilogo del libro della collana Airda ed. Armando: Gastaldo G. Ottobre M.: “Una strada per il centro del cervello”).
Le leggi del nostro universo hanno generato l’uomo, organismo in evoluzione, il cui stadio evolutivo attuale, non definitivo, può contenere immaturità, le quali possono portarlo anche all’autodistruzione.
L’evoluzione dei mammiferi, fino all’Australopiteco (a cui appartiene la nostra progenitrice Lucy), si è realizzata in un centinaio di milioni di anni, e il cervello, in tale evoluzione, è arrivato ad un volume di circa 450/550 cc.
Dall’Australopiteco siamo giunti, in soli tre milioni e mezzo di anni, ai 1250 cc dell’uomo attuale e, tale aumento, è dovuto quasi esclusivamente allo sviluppo del neocortex (porzione - 90% - di corteccia cerebrale con sviluppo filogenetico più recente). Una maratona incredibile!
Purtroppo, il vero progresso non è solo questione di volume, ma di integrazione fra le parti.
Come non pensare che tale nuova struttura abbia avuto difficoltà nell’integrarsi perfettamente con le strutture preesistenti?
Il rimpicciolimento della mandibola non è andato di pari passo con una diminuzione di volume o di numero dei denti, portando al noto inconveniente di un dente che non trova posto! In una rapida evoluzione, possono essersi create strutture che a volte rappresentano vantaggi, ma altre volte svantaggi o addirittura pericoli per la salute.
Anche pensando al solo aumento del diametro del cranio, passando dall’Australopiteco all’uomo attuale, possiamo comprendere la difficoltà del nascituro di passare per il canale del parto. Nell’evoluzione, affinché il feto, con il volume del cranio così tanto aumentato, potesse passare attraverso tale canale, si sarebbe potuto strutturare un allargamento del bacino femminile; ciò in parte è avvenuto. Tuttavia un allargamento adeguato del bacino, quindi ancora maggiore, avrebbe comportato un troppo grande distanziamento delle teste dei femori, con la conseguente difficoltà alla deambulazione.
Sembra probabile invece (secondo un’ipotesi abbastanza condivisa) che la scelta evolutiva sia caduta nel determinare una nascita prematura a nove mesi, anziché a 12 o oltre. Così il cranio del nascituro, a tale stadio di vita intrauterina, ha una circonferenza ancora compatibile con una nascita senza problemi.
Questa immaturità comporta che i circuiti neuronali, alla nascita, non abbiano ancora raggiunto un sufficiente grado di maturità e quindi di stabilità, e pertanto siano estremamente predisposti a subire modellamenti dati dalla pressione delle esperienze nel mondo esterno.
I circuiti neuronali che supportano la paura, la rabbia, il lutto, la gioia, il disgusto, il senso di responsabilità, ecc., sono sottoposti all’azione plasmante di paure anche soltanto percepite, perdite importanti, danneggiamenti magari ripetuti. Alle volte tali eventi non sono proporzionati alle capacità di sopportazione del neonato. Pertanto i circuiti neuronali, che sottendono gli stati emotivi basilari e le reazioni istintive, possono deformarsi e, nel prosieguo del tempo, dare risposte alle evenienze della vita non congrue, sproporzionate o completamente errate, fino a produrre danno a sé ed agli altri. Tali stati emotivi possono essere più che mai ingestibili.
Tuttavia questa immaturità del cervello del neonato, e pertanto questa facilità ad essere plasmato dalle esperienze, comporta anche un vantaggio, che è caratteristico dell’essere umano, cioè la capacità di adattarsi ad ogni ambiente, sia fisico che psichico.
Un recente studio mette in risalto il fatto che i bambini, di qualsiasi etnia o di luogo geografico, nascano con le stesse potenzialità e caratteristiche di base (vedi studio INTERGROWTH – 21ST), ma poi l’opera plasmante dell’ambiente porta ad una tale differenziazione del modo di porsi nella vita, da rendere estremamente difficile la comprensione di comportamenti, stili di vita, mentalità tra individui di paesi diversi.
Possiamo quindi ipotizzare che, a causa di questo rapidissimo ed enorme sviluppo del neocortex, sia stato impossibile per le strutture del cervello delle specie precedenti, implicate nelle memorie antiche e nelle emozioni, integrarsi e armonizzarsi con le nuove strutture e soprattutto con la corteccia prefrontale. Quest’ultima è quella parte del neocortex che assolve anche al compito di modulare, nella consapevolezza, le nostre spinte emotive e le dinamiche inconsce.
Probabilmente il Sapiens sarebbe veramente tale, e non solo “sedicente”, se ci fosse una buona integrazione fra strutture sottocorticali e neocortex prefrontale.
2) Il “difetto originale”
Tale insufficiente integrazione comporta il sentirsi (a volte anche consciamente, ma più spesso in modo inconscio) in balia di un quid potente che ci travolge. Ciò può essere la causa di profonda insicurezza in tutti e in modo più marcato in alcuni; quindi costituire quello sfondo di paura che per molti si esaspera in compensi incongruenti.
Tale paura diventa matrice di tutte le strategie inconsce messe in atto per compensarla; avidità, invidia, gelosia, egoismo, bisogno di dominare e di controllare gli avvenimenti, gli altri e la vita stessa; la ricerca di un’impossibile immortalità ne è conseguenza. Ci troviamo ad assistere a distruttività, estremismi e guerre sia nel micromondo dei rapporti interindividuali, sia nel più ampio ambito dei conflitti sociali.
Sembra pertanto che l’eventuale “peccato originale” sia preceduto da un “DIFETTO ORIGINALE”, difetto dovuto ad uno scatto evolutivo troppo rapido.
Probabilmente, sia la parte più profonda del cervello sia il neocortex sono orientati verso il favorire e il potenziare la vita in tutte le sue espressioni. Quello che fa difetto potrebbe essere un’incompleta armonia fra le varie parti.
3) Miti, leggende, favole
Gli uomini, avendo comunque un cervello portentoso, hanno sempre cercato, in tanti modi diversi e soprattutto inconsapevoli, di rimediare a questa immaturità, a questa inadeguatezza di integrazione fra strutture cerebrali.
Questa ricerca si manifesta ad esempio attraverso la continua costruzione, elaborazione, e trasmissione di miti, leggende e fiabe. In queste produzioni dello spirito umano, sia nella costruzione che nel rimodellamento e trasmissione, c’è la coesistenza fra lo stato cosciente e l’inconscio, l’immaginario e la razionalità. Grazie a tutto questo accadono continue esperienze di collegamento tra neocortex prefrontale e strutture cerebrali più arcaiche.
Queste esperienze di funzionalità di strutture diverse collegate fra loro, stante la plasticità del cervello, portano a costruire sinapsi, - come ci dice la neurobiologia -, quindi connessioni e integrazioni fra strutture cerebrali di stadi evolutivi diversi: fra il così detto cervello del rettile quello del mammifero e quella parte tipica dell’uomo che è il neocortex, con la sua importante parte che è la corteccia prefrontale.
4) L’arte
Anche nell’arte, in ogni processo creativo artistico, avviene questa integrazione. Essa si realizza, partendo dall’integrazione parziale, attraverso il costante e ripetuto impegno di realizzarne una migliore. Con continue esperienze, come fanno gli artisti, si maturano e si consolidano le sinapsi che collegano strutture (neocortex, strutture sottocorticali, emisfero destro ed emisfero sinistro).
Pertanto l’arte è anche un mezzo, un mezzo importante, forse il primo, attraverso il quale l’essere umano ha inconsciamente cercato di sanare il proprio “difetto originale”.
Artisti neolitici, Omero, Fidia, Tragediografi greci, Dante, Michelangelo, Leonardo, Shakespeare, Bosch - per nominare solo alcuni - in ogni epoca hanno attinto a piene mani , in piena coscienza, ai loro archetipi, ai loro simboli, al loro materiale onirico; hanno dato carta bianca al loro immaginario; hanno lasciato emergere in piena coscienza, e hanno espresso come regalo all’umanità, il loro personale inferno, purgatorio e paradiso, la loro strada di evoluzione, nella integrazione delle loro strutture cerebrali.
Nel presente anno 2021 ricorre il settecentesimo anno dalla morte di Dante, che è stato fra i più completi ed espliciti nel delineare il proprio viaggio di sviluppo e integrazione.
Questo nostro lavoro fa esplicitamente riferimento a lui.
Ci sono studi importanti sull’opera di Dante per quanto riguarda il suo cammino, e a loro rimandiamo; ne citiamo quattro, particolarmente significativi, in ordine di prima pubblicazione in lingua italiana.
1) Adriana Mazzarella. (2017; prima edizione 1991): Alla ricerca di Beatrice - Dante e Jung Edra, Milano.
Pag.14: «riscoprire quei valori e ripercorrere con lui quel viaggio all’interno dell’uomo che porta alla conoscenza di come siamo fatti, onde arrivare a una trasformazione.
Ognuno deve passare attraverso l’esperienza del proprio «inferno» se vuole cambiare qualcosa nell’atteggiamento verso la vita».
Pag. 23: «Nell’inferno veniamo a contatto con la persona, con l’ombra, con i vari aspetti dell’animus e dell’anima; nel purgatorio prendiamo coscienza della sintesi unificante degli opposti e, nel paradiso, delle istanze spirituali che portano all’unione finale col Principio (cioè Dio), proprio come nello Yoga orientale»
2) Richard Schaub & Bonney, Gulino Schaub (2004 ed italiana): Il Metodo Dante – per superare ansia, frustrazione e paure e ritrovare la “diritta via”, Ed. Piemme, Casale Monferrato (AL).
“L’inferno di Dante rappresenta il catalogo dei nostri disagi e delle nostre paure, il purgatorio la strada per liberarsene, il paradiso il passaggio a una vita pienamente realizzata e densa di significato. Il più grande poema di tutti i tempi può diventare una risposta utile e pratica alle nostre esigenze più profonde”.
3) Giorgia Sitta (maggio2018): Tutti all’Inferno – l’alchimia nella Divina Commedia: il viaggio dell’uomo verso Sé, Ed. Le Duetorri.
“Tutti all’Inferno è un augurio che ogni lettore possa trovare nel proprio inconscio i suoi Talenti, la strada verso il Sé, in un incontro con la propria anima che lo porti a vivere con gioia e gratitudine ogni giorno della sua vita. E’ questo un atto di coraggio che serve ad uscire dalla meccanicità del vivere quotidiano nella quale siamo immersi …”
4) Claudio Widmann (Gennaio 2021): La divina Commedia come percorso di vita. Volume I: l’Inferno, l’abisso dell’inconscio. Volume II, il Purgatorio: il regno dell’io, Volume III: il Paradiso, la sfera del Sé, Edizioni Magi
“Sette giorni, lunghi come quelli della creazione; tre mondi, distanti come il cielo dalla terra; un uomo, solo come ogni uomo dinanzi al proprio destino. Il viaggio di Dante tocca il fondo delle bassezze umane e i vertici di certe esperienze sublimi, passando per il tormento della libertà e della responsabilità. È un viaggio di evoluzione e di trasmutazione, è un itinerario di elevazione. È il percorso di vita di ogni uomo in cammino.”
5) La scienza
A Sigmund Freud l’umanità è debitrice per una delle più utili invenzioni che permette il miglioramento dell’essere umano. Si tratta delle associazioni libere; libere da un vincolo razionale. Nasce il lavoro psicologico su di sé moderno.
In piena coscienza, ad una parola si associa ciò che improvvisamente viene in mente o l’emozione che emerge, senza preoccuparsi che ci sia una spiegazione razionale.
Nelle associazioni libere la persona, in pieno stato di coscienza, lascia emergere contenuti inconsci e, nelle sedute di analisi, si allena ad usufruire e potenziare, sempre più facilmente e frequentemente questa capacità. È una continua creazione di sinapsi fra neocortex e strutture sottocorticali.
Freud ha reso fruibile a tutti, attraverso una tecnica, il mettere in atto una capacità naturale – contemporaneità coscienza/inconscio - che tuttavia solo alcuni hanno a portata di mano spontaneamente – esempio fondamentale Dante nella divina Commedia.
Dopo Sigmund Freud, Carl Gustav Jung in particolare, Robert Desoille, e altri, hanno reso possibile l’affinamento di questa capacità, con altre particolari modalità.
A I. H. Schultz il merito di aver inventato un allenamento, strutturato, che la persona esegue quotidianamente in piena autonomia. (vedi libri della collana Airda ed. Armando). Schultz basa il suo metodo sull’allenamento; l’importanza di questo si riscopre oggi con le acquisizioni della neurobiologia che dimostra l’importanza della ripetitività di esperienze nella costruzione e potatura di sinapsi e quindi nel modellamento e rimodellamento dei circuiti neuronali del cervello.
Nel T.A. Basale, quando non mistificato a mero mezzo di rilassamento, ci si allena all’ascolto della propria realtà organismica completa; ci si allena a lasciare che accada, all’accettare ciò che emerge spontaneamente senza paura e senza dare giudizi; ci si allena quindi a lasciare emergere, in piena coscienza, ciò che è contenuto nella parte più profonda del cervello/psiche.
(vedi pp.19 e seguenti in Gastaldo G Ottobre M. (1994 – 2008): Psicoterapia Autogena in quattro stadi – l’appuntamento con se stessi, Ed Armando, Collana Airda, Roma.
In questo allenamento si formano e consolidano strutture neuronali di integrazione fra strutture corticali e sottocorticali del cervello. Si realizza un processo analogo a quanto avviene in una prassi di produzione artistica, e nell’opera collettiva di costruire e tramandare miti, leggende e favole.
Così allenate le persone, nelle sedute di diversi tipi di Training Autogeno Avanzato, lasciano emergere spontaneamente, in piena coscienza, sequenze di associazioni libere, di simboli espressi e integrati con elementi coscienti. Soprattutto lasciano emergere, in piena coscienza, vissuti di un contesto immaginativo inconscio,. Tali vissuti sono il frutto dell’elaborazione che il cervello ha fatto di tutte le esperienze, dalla vita intrauterina in poi. Si creano continuamente collegamenti sinaptici. (vedi in particolare il libro: Gastaldo G. Ottobre M. (2019): Una strada per il centro del cervello – un seno con le spine, Ed Armando, collana A.I.R.D.A., Roma).
6) Un contributo dello Studio Gastaldo/Ottobre, Airda
Nel 1987 è stato pubblicato un libro (che ora verrà ripubblicato in e book Ed. Armando, collana Airda) Gastaldo G., Ottobre M.: Nel Labirinto con il filo d’Arianna - lo strutturarsi delle vie dell’energia nell’età evolutiva, Ed Piovan, Abano Terme (PD).
Senza che ce ne fosse l’intenzione, è stato seguito lo schema: Inferno, Purgatorio, Paradiso. Ciò è comprensibile in quanto questa è la sequenza naturale a cui ogni essere umano spontaneamente aderisce, quando non fa opposizione alle leggi della vita inscritte in lui, nel suo DNA.
Nel libro, attingendo all’archivio Gastaldo/Ottobre, in cui sono depositati migliaia di vissuti in stato autogeno, sono stati raccolti centocinquantacinque vissuti di quarantadue soggetti.
In tali vissuti si esprimevano importanti esperienze avverse, dei primi anni di vita, che avevano bloccato la normale evoluzione verso una vita piena.
Questi blocchi avevano incatenato le persone in un ‘Inferno’. Man mano, nello svolgimento dei vissuti in piena coscienza i blocchi venivano superati. Ciò durante sedute di Training Autogeno Avanzato, sedute che sono state chiamate: “T.I.A.A.” cioè Terapia Immaginativa Analitica Autogena.
Le persone, dopo aver passato il loro ‘inferno’ in molte sedute, sfociavano nelle T.I.A.A. che abbiamo chiamato della ‘ripresa’ e della’ rinascita’ nelle quali si esprime il loro ‘purgatorio’ e il loro ‘paradiso terreno’.
Il parallelismo che, nei paragrafi successivi, faremo fra alcuni versi della Divina Commedia e alcune frasi delle T.I.A.A. vuole solo significare che, come Dante, anche ciascun soggetto passa attraverso analoghi stadi evolutivi. Tuttavia il viaggio di ogni uomo è personale e nessun passaggio può essere sovrapponibile a quello di altri; la somiglianza si può trovare nell’ambito di simbologie archetipe.
Ecco alcune piccole parti di vissuti riportati nel libro.
Come esempio di ‘inferno’ il frammento di seduta di una giovane universitaria
T.I.A.A. N° 19
“vedo me con codine, vestita con grembiulino azzurro… sono impiccata e penzolo … mi vedo poi in una bara … sdoppiata; una nella bara e una che corre nella stanza incurante dei topi …mi stendo dov’era la bara e fingo di essere morta … vedo mio padre che fa all’amore con me
Come esempio di ‘purgatorio’ riportiamo un frammento di T.I.A.A. della ripresa (N° 25), che parla della individuazione; la giovane donna ‘conquista’ la sua voce interna, il modo originale di esprimere se stessa.
T.I.A.A. N° 25 sogg. Femminile
“… E scopro che anche il mare ha una sua voce, un suo rumore. E così cerco di rispondere con la mia voce … prendo un po’ di terra in mano, e sento che anche questa fa dei rumori … L’acqua … Sono tutte voci e non meccanismi: sono voci interne, come la mia, ora… E anche la mia voce ha mille possibilità di suoni, di combinazioni ... È come qualcosa prima del linguaggio, è una facoltà, un suono… Allora prendo una barca e vado sopra il mare … e vedo che ci sono nuove terre … e tutto un mondo popolato di voci, da suoni, che è come un mondo per essere vivi … E tutto … vive, tutto ha una sua parte in un grandissimo concerto…”.
Come esempio di rinascita e armonia raggiunta, il ‘paradiso’ citiamo il frammento di
T.I.A.A. N° 27. Sogg. Femminile.
“Continuo a divertirmi molto serenamente ….. la serenità è molto adulta …. equilibrata, è chiara, è bianca, è come il sole, luminosa, come l’aria …. Mi immagino con questo alone di bianco, giallo, azzurro in tutto il mio corpo …. Cerco di non perderlo …me lo penso sempre addosso… continuo a vedermi così in giro per la strada con un viso molto sereno e sorridente.
Questa luminosità/serenità si trova nel paradiso dantesco dove c’è il binomio luce/beatitudine; luce che va dal bianco come “perla in bianca fronte”, alla luce dorata del cielo di Saturno a quella azzurra del cielo di Giove fino al bianco splendente incandescente dell’Empireo.
E ora un sogg. maschile:
T.A.A.A. Training Autogeno Avanzato Analitico N° 14
“Ora la sfinge diventa mia madre, mi tiene in braccio, mi guarda dolcemente, siamo tutti e due racchiusi in un sacco amniotico trasparente, galleggiamo nello spazio verso un infinito di stelle”
Egli ricorda e commenta, tutti i vissuti in cui rievoca, in modo simbolico, le terrificanti lotte con la figura materna.
“il nostro è stato un atto doloroso e faticoso, portato avanti in collaborazione; tutti e due abbiamo sofferto per creare una nuova vita, è una sensazione nuova, diversa, matura”.
7) Gli eroi
Certamente la Divina Commedia di Dante è un altro mondo rispetto ai nostri T.I.A.A.
Il Sommo poeta possiede una immensa capacità naturale immaginativa (capacità immaginativa che nelle T.I.A.A. è frutto di un preciso allenamento) che, già di per sé, è in grado di creare sinapsi fra strutture cerebrali in partenza non perfettamente integrate.
Ma Egli coniuga quest’ultima con un’altra immensa capacità cioè quella artistica. Quest’ultima è anch’essa in gran parte dote naturale, ma è anche frutto di enorme lavoro di ricerca della perfezione.
Dante crea un’opera inimitabile: La Divina Commedia, facendo un lavoro di crescita personale che regala poi all’umanità, per incoraggiare tutti noi a tendere a meritarci, almeno un poco, l’appellativo di ‘sapiens’.
Dante è il sommo ‘Eroe’, ma …
Tornando dalle sfere celesti, dove risiede Dante e il suo paradiso, alla nostra realtà terrena aggiungiamo qualche vissuto (nelle T.I.A.A.), nell’intento di descrivere qualche tentativo dei nostri eroi per giungere, anche se non in ‘paradiso’, almeno a rivedere le stelle.
Nell’epilogo del libro [Gastaldo G. Ottobre M. (2008): Il Training Autogeno in diretta -si aprono nuovi orizzonti, pagg. 144/148. Ed. Armando, Collana Airda, Roma] sono stati chiamati ‘eroi’ i pazienti che fanno un lavoro profondo su se stessi. Ciò perché i mitici eroi sono quelli che ci vengono descritti come figli di un dio e di un mortale (e pertanto rappresentano ciascuno di noi, sono cioè un organismo con due facciate una psichica ritenuta figlia del cielo e una corporea ritenuta figlia della terra), ma, gli eroi, per essere consacrati tali - tutti indistintamente quelli della mitologia greco romana e non solo e anche Dante -, vanno a ‘visitare’, a ‘impossessarsi’ del mondo degli inferi.
Per l’umanità l’eroe, per essere considerato tale, deve possedere interamente se stesso, compresa quindi la parte sotterranea, inconscia.
Vi presentiamo ora una eroina che tuttavia è rimasta intrappolata nel proprio ‘inferno’. (evenienza, questa, successa anche all’eroina sumerica Inanna, la dea regina del cielo e della terra, quando era andata a conquistare la sua parte sotterranea).
Tale nostra eroina potrebbe essere collocata fra gli ignavi.
Alla parola ‘ignavi’ di solito si dà un significato che è frutto di una mentalità giudicante; dai vocabolari – uno a caso - Devoto Olli: imperdonabilmente indolente o vile di fronte alle umane responsabilità.
Tuttavia, dal punto di vista psicopatologico, ci accorgiamo che quasi sempre si tratta di persone che possiamo definire: “borderline”. Termine questo che, inteso nell’accezione più recente, sta ad indicare persone che si mantengono ai bordi della vita e cioè non entrano in essa in quanto terrorizzati dai rischi del vivere, tra i quali primo di tutti il morire.
Nella nostra esperienza sono persone che agli albori della vita, nei periodi in cui enorme è la plasticità del cervello, in quanto è in piena formazione, hanno ricevuto, o hanno creduto di ricevere, gravissime minacce di vita – anche ad es. assenza di una figura materna stabile. Così, nel loro cervello, si sono improntati circuiti neuronali che costituiscono basi operative di automatiche e irrefrenabili reazioni di evitamento (di entrare nella vita).
Tornando alla nostra eroina, è successo quanto segue:
Dopo aver fatto il corso Base del T.A., e una quarantina di T.I.A.A., è arrivata ad un vissuto che per molte persone, anche con la sua stessa patologia, rappresenta l’inizio di una svolta decisiva.
Si tratta di uno degli otto meccanismi di armonizzazione più frequenti e più efficaci, che accadono nel Training Avanzato [vedi il libro precedentemente citato alle pagg 188/197: Gastaldo. G. Ottobre M. (2019).
Stiamo parlando della chiusura di una Gestalt, che lei non ha potuto (e non: “non ha voluto”) effettuare.
Si parla di “Gestalt chiusa” quando un bisogno fondamentale viene soddisfatto; Gestalt significa: forma completa. La Gestalt rimane invece aperta quando tale bisogno, in una finestra temporale particolare, non viene soddisfatto adeguatamente per cui, per tutta la vita, la persona cerca invano di soddisfarlo.
In archivio Gastaldo/Ottobre ci sono molti esempi in cui si ha una svolta decisiva quando in una T.I.A.A. il se stesso adulto dà al se stesso bambino ciò che gli era mancato. Avviene nell’immaginario la “chiusura della Gestalt” ovvero la completezza.
In questo caso la paziente, da neonata, aveva avuto esperienze vissute come angoscianti e terrificanti, tanto è vero che le avevano detto che nel suo primo anno di vita aveva continui pianti di disperazione.
(Non abbiamo la possibilità di riportare il vissuto, ma lo raccontiamo):
Nell’immaginario: lei, adulta, vede sé neonata disperata e nessun adulto presente va a prenderla e cullarla o va a vedere perché è angosciata. Non le viene assolutamente spontaneo, come di solito avviene per altri pazienti, di prendersi cura di quella bambina. La guarda disperata e, dopo aver deprecato che nessuno se ne prende cura, rinuncia a prenderla in braccio e se ne va sconsolata.
È colpevole di ignavia o è vittima di un circuito neuronale killer?
Se diamo per scontato il “libero arbitrio” dobbiamo tuttavia chiederci quanto di questo c’è in ciascuno di noi. Ai limiti: 1 o 99%.?
Dante: Inferno Canto III:
“Vidi e conobbi l’ombra di colui
Che fece per viltà il gran rifiuto”
……………
“Questi sciaurati che mai non fur vivi
Erano ignudi, stimolati molto
Da mosconi e da vespe ch’eran ivi”.
Dopo qualche tempo la paziente ha smesso di proseguire il lavoro psicologico. Rimase prigioniera nel suo ‘inferno’; tuttavia nella vita sempre tutto può accadere.
In ogni uomo possiamo trovare momenti di ignavia e, la consapevolezza di questo, dovrebbe essere vissuto come un frammento di inferno nella vita terrena e diventare moscone e vespa che ci pungola a superare questo momento di debolezza.
Un altro eroe era venuto, negli ultimi anni ottanta, all’età di 28 anni, per fare un percorso psicologico perché vittima delle proprie esplosioni di rabbia, che mettevano a rischio le relazioni familiari e la corretta educazione dei propri figli.
Dalle T.I.A.A. emerge nitido che esperienze di danneggiamento hanno reso ingestibile il circuito neuronale che sottende l’emozione rabbia; emozione forza vitale, inscritta nel nostro DNA, per stoppare i danneggiamenti; forza positiva quando è congrua e proporzionata alla propria finalità e non degenera in violenza, distruttività, sopraffazione, vendetta.
C’era in lui un nucleo che ha coagulato attorno a sé vissuti di danneggiamento. Tale nucleo si è costruito nella vita prenatale e perinatale. Infatti il paziente è nato post maturo di più di dieci giorni; era molto cianotico, al limite della sopravvivenza, immerso in un liquido amniotico ormai ‘melmoso’ e con il cordone ombelicale attorcigliato al collo.
È da notare che l’asfissia è una delle esperienze di danneggiamento più sconvolgenti e terribili.
Attorno a questo nucleo si sono coagulate altre esperienze di danneggiamenti avvenute nella prima infanzia, formando nell’insieme un ‘pacchetto di esperienze’ capace di deformare il circuito neuronale che sottende a tale emozione, e quindi stravolgere le finalità vitali dell’emozione ‘rabbia’.
Tutto ciò il paziente l’ha ricostruito quando sono emersi i vissuti dei quali riportiamo frammenti; solo allora si è ricordato di ciò che gli avevano detto della propria nascita e dei suoi primi anni di vita.
Riportiamo una seduta completa, incredibilmente breve; fa parte della seconda serie, fatta dopo una decina di anni dalla prima e dal corso di T.A. Basale (la prima serie era di una trentina di T.I.A.A. ed era servita per incanalare l’energia della sua rabbia in atti vitali costruttivi).
In questa che riportiamo, sintetizza alcune tematiche esposte nelle precedenti sedute: soffocato sotto acqua (in molte altre T.I.A.A), nero dentro l’utero, paralizzato, cianotico, melma, fango, rabbia, esplosione, acqua purificatrice.
Nella seduta: vengono lasciate emergere sensazioni antiche, registrate nell’amigdala, e nell’emersione, sono elaborate dalla corteccia prefrontale.
Possiamo notare nel vissuto: l’‘inferno’ con tentativi di sanare: ‘purgatorio’.
T.I.A.A. N° 13
“Vedo me piccolo, sembra di essere dentro l’utero, sono tutto nero, arrabbiato, la bocca piena di qualcosa che non mi permette di respirare, sembrano delle feci, qualcosa di schifoso che poi sputo, sono quasi immobilizzato, paralizzato, tutto nero. Sembro quasi un neonato handicappato e ci sono io grande che con un tubo cerco di aspirargli tutta la schifezza che quello piccolo ha in bocca per provare a farlo respirare. Riesco a tirargli via tutto quello lui aveva in bocca (chiusura di Gestalt) e lui dopo si riprende e mi abbraccia e quello che gli ho aspirato va in un contenitore trasparente e c’è tanta rabbia. Questo contenitore si spacca e la rabbia esce, è come una melma e va sul pavimento, allora io cerco di lavarla con una gomma per l’acqua e cerco di portarla fuori dalla stanza, ma anche fuori da me, dal mio corpo. Poi mi sento scivolare giù nel profondo e tutta la rabbia della melma mi copre, mi sovrasta, fa uno strato enorme che mi soffoca e che da liquido diventa tutto duro. Riesco a tirarmi fuori, distruggendo la parte solida e poi uscire, mi sento arrabbiato con la rabbia. Sono tutto blu, violaceo e ho una corda tutto intorno (cordone ombelicale causa della cianosi) e poi, sempre con molta rabbia, la spezzo e riesco a tornare di un colore normale. Ho paura di questa rabbia però sono confortato dal fatto che l’Io grande prende in braccio quello piccolo (nuova chiusura di Ghestalt) e sono tutti e due rosa, non più neri, e se ne vanno abbracciati. Basta”.
Nella Divina Commedia gli iracondi sono condannati a gorgogliare sotto l’acqua, nel limo, ingozzando fango come si può vedere dai versi qui di seguito riportati.
Lo buon maestro disse: «Figlio, or vedi
l’anime di color cui vinse l’ira;
e anche vo’ che tu per certo credi
che sotto l’acqua ha gente che sospira,
e fanno pullular quest’acqua al summo,
come l’occhio ti dice, u’ che s’aggira.
Fitti nel limo, dicon: “tristi fummo
nell’aere dolce che dal sol s’allegra,
portando dentro accidioso fummo:
or ci attristiam nella belletta negra’.
Quest’inno si gorgoglian nella strozza,
che dir nol posson con parola integra».
Così girammo della lorda pozza
grand’arco tra la ripa secca e’ il mezzo,
con gli occhi volti a chi del fango ingozza.
È interessante notare che la condanna immaginata da Dante è molto assomigliante alla genesi dell’incapacità di gestire l’ira nel nostro paziente!
Comunque, qualsiasi sia la genesi dell’incapacità di gestire l’ira in modo costruttivo, con Dante possiamo dire che, quando soggiacciamo a questa, e questo può succedere a tutti, ci sentiamo e siamo soffocati, anche fisicamente – collo e volto congestionati quasi cianotici –, dalla melma che essa è. L’ira soffoca e consuma ogni nostra energia volta a costruire rapporti di amicizia e di amore.
La condizione ‘infernale’: “lo incendio” è messa in risalto dal frammento di T.I.A.A. successivo della stessa persona:
Divina Commedia, Inferno, canto XIV:
“Chi è quel grande che non par che curi
Lo’ ncendio sì che la pioggia non par che ’l maturi?”
……………
“O Capaneo, in ciò che non s’ammorza
La tua superbia, se’ tu più punito:
nullo martirio, fuor che la tua rabbia,
sarebbe al tuo furor dolor compito”
T.I.A.A. N° 14
“Vedo delle fiamme, un fuoco alto che brucia dei bambini, quasi neonati; sono bambini che piovono dall’alto e che vengono bruciati dalle fiamme e sono tutti me stesso che però sembrano malformati, piuttosto che cattivi. Poi questi corpi carbonizzati sono io ad appenderli su un filo e li metto in mostra come in serie come se volessi eliminare il brutto che c’è in me. Vedo poi un’esplosione come una bomba che inghiotte anche me, mi fa in mille pezzi, è un’esplosione di rabbia”.
Eppure questo bagno di fuoco e il martirio ‘rabbia’ (è come ‘martirio’ che vive le proprie esplosioni) lo maturano! Il fuoco lo vive come distruzione di ciò che è male, e quindi come purificazione.
Infatti più avanti, nella stessa T.I.A.A., accade uno dei meccanismi di guarigione – “recupero di esperienze positive” che fa ritrovare fiducia e permette di operare per la propria salute -:
“Poi mi vedo sulla bambagia …. E’ tutto bianco, tutto morbido quasi il mio corpo scompare dentro questo cotone …. Faccio un buco nel cotone in modo che la rabbia possa respirare … quasi che calma e rabbia potessero in questo modo convivere”.
Siamo di fronte ad un tentativo di integrarsi con la propria ombra, di gestire in modo costruttivo l’energia insita nella rabbia (altro meccanismo di armonizzazione).
Il lavorio sull’integrazione e il raggiungimento dell’armonia solitamente avvengono nelle fasi più avanzate del lavoro psicologico con le T.I.A.A.. A volte integrazione ed armonia sono preannunciate durante il lavoro sull’‘inferno in noi’ e non sono così nettamente separate, e in ordine cronologico, in ‘purgatorio’ e ‘paradiso’. Questo d’altronde è nella vita.
Nelle T.I.A.A. il cammino è a spirale: ci sono tematiche ricorrenti lungo la spirale che si allarga verso l’alto. Negli anelli più in alto si ritorna sulle stesse tematiche precedenti che però vengono elaborate in modo più complesso e completo. Alle volte con una serie di T.I.A.A. la persona arriva ad una armonizzazione, ma poi può esserci il ritorno nell’‘inferno’; quindi viene ripercorso il cammino, verso l’alto, che comunque è ad un livello superiore.
Questa ripetitività è la base di un vero cambiamento in quanto solo così si strutturano sinapsi stabili che lo sottendono, come ci informa la neurobiologia. Non è una singola chiusura, ma una serie di chiusure di Gestalt o di recupero di esperienze positive, o altro meccanismo di armonizzazione, che determinano un vero nuovo status! [vedi: Gastaldo G. Ottobre M. (2007 a). L’archetipo del rito – le strutture psichiche con riferimento alla bionomia e al modello Gastaldo Ottobre (pp.135-151) in: Il rito. Widmann C. (a cura di), Ed. Magi, Roma].
Lasciamo ora il posto ad un’altra giovane eroina con i frammenti di tre sue T.I.A.A.:
Il suo punto di partenza è un vissuto di ‘corpo rifiutato, nemico, ‘inferno’. Tuttavia, come Dante, anch’essa è aiutata nel suo viaggio.
-Nella T.I.A.A. N° 25, è aiutata da una forza interna, che nasce dal proprio D.N.A. Forza che tende alle leggi della vita, quando ci mettiamo in collegamento con essa [vedi: Gastaldo G., Ottobre M. (2007 b): “L’archetipo degli archetipi; come opera nella Terapia Immaginativa Analitica Autogena”, Nuove prospettive in psicologia (pagg.13/20), anno XXII, n. 1. Maggio 2007 (fasc. n. 37)].
- Nella stessa T.I.A.A. la paziente è aiutata anche dall’Archetipo della madre.
Arriva così finalmente a lavorare sull’integrazione tra corpo e psiche (T.I.A.A. N° 29) e quindi all’armonia (T.I.A.A. N° 30).
Come in Dante: il corpo ‘terreno’ nell’‘Inferno’ va verso la riunificazione nel ‘Purgatorio’ per raggiungere l’armonia nel ‘Paradiso’.
T.I.I.A. N° 25. Ecco le ‘forze’ interne che l’aiutano (a e b):
a)“Sento una forza spontanea che non so da dove nasca, viene dal profondo e a volte mi stupisce, ha voglia di vivere, di godere qualsiasi cosa, accetta le piccole cose come un dono, questa parte fa sì che mi senta disponibile verso gli altri, non nel senso di caricarmi di pesi più forti di me, ma disponibile alle relazioni, rapporto di scambio e parità reciproca” ….
b)“Dall’interno è come se vedessi un’immagine di una mamma che prende in braccio il suo bambino, sia nel momento di gioia per affetto sia nel momento brutto, quando il bimbo non ha le capacità di affrontare la situazione, e sa che la mamma è li, non se ne va, e lo fa sentire protetto anche quando ha paura”.
Quest’ultimo passaggio ricorda Dante che nel XXX Canto del Purgatorio, quando incontra Beatrice, usa la similitudine di un ‘fantolin’ (fa emergere dalle sue esperienze antiche) che corre dalla madre quando ha paura.
“ Tosto che ne la vista mi percosse
l’alta virtù che già m’avea trafitto
prima ch’io fuor di puerizia fosse
volsemi la sinistra col respitto
col qual il fantolin corre alla mamma
quando ha paura o quand’egli è afflitto.
Ecco le due T.I.A.A. che descrivono il processo d’integrazione
T.I.A.A. N° 29.
“Sensazione di calore piacevole, tutta dentro al corpo, un vigore, un’energia che da dentro va verso fuori. … Una luce, simile al colore oro, da piccola si estende e diventa un cerchio grande, come se illuminasse tutte le parti di me, una luce rassicurante che indica una via interna. …..”
Va molto bene così, ed è già una grande conquista, ma riguarda solo la parte interna, la psiche, che colloca nell’interno del corpo; questa tuttavia non è in armonia con la sua parte esterna, cioè il corpo, come poi dice.
“Una sensazione come se le parti interne di me non fossero collegate con le parti esterne del corpo, non ci fosse continuità fra il dentro e il fuori. … A volte ho un rifiuto verso il corpo, non rispecchia la parte esterna ma fa vedere un’altra cosa. Non accetto il corpo perché mi tradisce a volte. L’inizio è stato da quando (il corpo) cominciava a trasformarsi da bambina quando iniziavo a crescere, a mutare, e da più grandicella, con la paura di diventare come una donna ….”
Tuttavia c’è questa luce che si estende, che indica una via (la sua Beatrice), e il risultato lo vediamo nel brano successivo; è la tendenza in sé a vivere secondo le leggi della vita.
T.I.A.A. N° 30
Sensazione di piacere e leggerezza su tutto il corpo, di pace interna e di distensione come quando si è sull’acqua del mare e ci si lascia cullare dalle onde e ci sentiamo sereni e liberi di farci cullare e coccolare”
Inizio apparentemente come nella precedente T.I.A.A., ma qui parla di ‘corpo’ e non ‘qualche cosa che è dentro al corpo’ e poi prosegue in modo molto diverso:
“Sensazione di ascolto e osservazione verso me stessa e parte interna ed esterna non sono divise ma una continuità, una complessità, un tutt’uno; ecco sono così, fatta da tante parti, ognuno ha una sua particolarità, il corpo accoglie questo messaggio, non sento due cose diverse, ma come se il mio corpo rispondesse al mio stato interno, c’è armonia fra corpo e psiche” …. Sento come ci fosse un adulto interno che indica la via lasciandoti libera”.
Come ultima eroina presentiamo una persona che è stata preda di una delle più profonde e spietate depressioni, osservate fra molte decine di casi.
Sua è anche la T.I.A.A. in cui si vede il viraggio fra vissuto di madre mostro, (“mia madre è un mostro, per cui “io sono una madre mostro”) a madre nutritiva che dà calore; viraggio che segna l’inizio della sua ripresa e rinascita e conseguente uscita dalla depressione.
Tale T.I.A.A. è riportata, anche con illustrazioni, nel libro [Gastaldo G Ottobre M. (2002 – 2008:” Dottore, posso guarire? - Come curare i mali oscuri”, pagg.101/106. Ed. Armando, collana Airda, Roma].
Invece, nella seduta, della quale qui riportiamo l’ultima parte, la paziente fa comparire come protagonista il bambino il cucciolo, il proprio puer.
La svolta verso l’integrazione del femminile con il maschile è compiuta dal proprio puer in quanto questa parte di sé possiede l’energia allo stato nascente, contiene anche l’orientamento insito nel DNA verso le leggi della vita ed infine, nella T.I.A.A. prima menzionata, ha fatto emergere ed ha captato il ricordo, registrato nell’amigdala, di madre tenera, affettuosa, protettiva, che dà calore e nutrimento.
Il bambino entra in scena rapidissimo, come una saetta, così come, subito dopo, è stata rapida e improvvisa l’uscita dalla depressione.
A questo bambino in lei, il compito di recuperare e accogliere come preziosissima la sua parte femminile, che aveva creduta terribile e distruttiva, e che quindi aveva rinnegato, con conseguente caduta nella depressione.
Al bambino il compito di ritrovare Beatrice che è sotto forma di perla, ma dapprima non la può vedere perché nascosta nell’ostrica ed è in un antro.
Anche Dante, nel trentesimo canto del Purgatorio, non riconosce Beatrice perché nascosta da un velo
Canto XXX
“Sovra di candido vel cinta d’uliva
Donna m’apparve, sotto verde manto
Vestita di color di fiamma viva”
Dante e il bambino devono immergersi nell’acqua purificatrice – Dante nel fiume Lete – e, a loro così purificati, finalmente si svela e possono contemplare, il loro tesoro; si apre la strada verso il loro ‘paradiso’.
Canto XXXIII
S’io avessi, lettor, più lungo spazio
Da scrivere i’ pur cantere’ in parte
Lo dolce ber che mai non m’avria sazio;
…………….
Io tornai dalla santissima onda
rifatto siccome piante novelle
Rinovellate di novella fronda,
puro e disposto a salire le stelle
T.I.A.A. N° 42
Adesso dal cielo, ho visto come una saetta, con la stessa intensità, scendere un bambino ed è andato dentro ad uno specchio d’acqua. Sembra sia arrivato con uno scopo ben preciso; infatti sposta delle piccole pietre, forse in cerca di una specie di tesoro, (non quale monete o oro), ma di qualche cosa che imprigioni la voglia di vivere; potrebbe andare in cerca di un’ostrica che sia riuscita a produrre, nel corso del tempo, una perla bellissima.
Adesso vedo un piccolo bagliore proveniente da un antro sotto la superfice di questo fiume e il bambino si dirige proprio là.”
Il bambino è colpito dal bagliore della nascosta perla come Dante è trafitto dal ‘bagliore’ della virtù della velata Beatrice, come nei versi prima citati:
“Tosto che nella vista mi percosse
L’alta virù che già m’avea trafitto”
“Il bambino prende in mano la perla con estrema delicatezza; la apprezza come un dono e quasi con umiltà va incontro a questo dono. L’appoggia vicino al cuore non so se per riuscire a spostare su di sé la stessa energia che l’ostrica è riuscita a utilizzare per formare la perla.
La tiene stretta in mano e risale.
L’acqua imprime sul suo corpo una forza tale che sembra spingerlo verso la superfice.
Lui arriva sulla riva, vedo la sabbia molto bianca, vedo il mare con un bel colore azzurro e lui si siede sulla riva del mare e rimane là ad ammirare il tesoro che è riuscito a scoprire in fondo al mare”
8) Conclusione
Abbiamo raccolto e accolto le ‘umane commedie’ di centinaia di questi EROI, con più di quindicimila loro T.I.A.A. registrati, trascritti e catalogati.
Ognuno di essi non si è limitato ad una, seppur importante riflessione sulla vita e sul viaggio proprio e altrui, ma ha COSTRUITO e percorso, tappa per tappa, nel loro immaginario e in piena coscienza, soffrendo e gioendo, un loro personale, intimo, inimitabile e irripetibile viaggio.
Questo non assomiglia e non può assomigliare a quello delineato nell’Asino d’oro di Apuleio, nella Divina Commedia di Dante, nel Signore degli anelli di Tolkien, nella Storia Infinita di Ende, in Pinocchio di Collodi, in Harry Potter di Rowling e in mille altri.
Essi documentano, con i profondi cambiamenti del loro personale modo di vivere, il cammino di armonizzazione psichica e di integrazione di strutture cerebrali che la sottendono.
Certamente questi nostri eroi non possono paragonarsi all’EROE Sommo Poeta; pur tuttavia, con Dante e gli altri artisti e i miti, leggende e favole e alcune prassi psicoterapeutiche, essi indicano e testimoniano una via – (coesistenza, collaborazione di immaginario/coscienza) - per un futuro migliore, per quell’umanità che è disposta a percorrerla.
A Dante e anche a ai nostri Eroi la nostra gratitudine.
contatti
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